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BLOQUE 5. Profesoras y pedagogas

Maria Montessori, molto più di un’educatrice

Gracia Moreno Celeghin

UNED

Riassunto: Questa comunicazione vuole avvicinarsi alla vita e all’opera di Maria Montessori, educatrice e pedagogista italiana che ebbe e continua ad avere un’importante influenza sulla filosofia che soggiace ai progetti educativi di molte scuole nel mondo. Maria Montessori rivoluzionò la scuola italiana prima della pubblicazione del suo Metodo nel 1909 (“Il metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei Bambini”), quando cominciò a mettere in pratica le sue innovative idee nelle Case dei Bambini, in particolare nella prima che fondò, a Roma, nel quartiere di San Lorenzo. Maria Montessori credette lungo tutta la sua vita nel suo progetto e instancabilmente lo diffuse per tutto il mondo, nonostante gli ostacoli e le difficoltà in cui si imbatté.

Parole chiave: Biografia Maria Montessori; Metodo Montessori; Educazione; Infanzia; Movimento femminista.

Nella prefazione della versione italiana di The Absorbent Mind, pubblicato in India nel 1949, intitolato La mente del bambino. Mente assorbente, Mario Montessori, figlio della nota pedagogista, sottolineava la profonda intuizione della dottoressa Montessori la quale difendeva che l’educazione del bambino non può limitarsi alla trasmissione delle conoscenze da parte dell’adulto; educare invece significa guidare il bambino verso la maturità, fin dalla prima infanzia, trascendendo il tradizionale concetto della formazione scolastica (Montessori 1952).

Maria Montessori un secolo fa poneva le basi di una concezione educativa rivoluzionaria. Il suo percorso cominciò agli inizi del secolo XX, prima della pubblicazione nel 1909 del testo sul quale si fondamenta la pedagogia moderna: Il metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei Bambini (Montesori 1909). L’opera riscontrò un enorme successo, specialmente all’estero e si tradusse in diverse lingue diffondendo rapidamente le idee della pedagogista in Europa, in Asia e in America, ragione per cui fu chiamata ad assistere a dei congressi e seminari e a impartire dei corsi di formazione in Inghilterra, Germania, Olanda, Spagna, India o negli Stati Uniti. Montessori lavorò per quarant’anni all’opera (la pubblicò quattro volte), aggiornandola con le nuove sperimentazioni che fece nelle numerose Case dei Bambini che furono fondate (De Serio 2013).

Il metodo, un secolo dopo la pubblicazione, gode ancora di una forte vitalità: 22.000 scuole attive, di ogni grado sebbene la maggioranza siano scuole elementari e medie, di cui 5000 negli Usa, 1200 in Germania, 370 in Irlanda, 220 in Olanda, 200 in India, 150 in Giappone ma la cifra aumenta fino a 66.400 tenendo in conto le scuole a indirizzo montessoriano (Baratta 2014). Purtroppo, e come si suol dire, “in casa del fabbro coltello di legno” e in Italia il metodo è presente solo in 150 scuole e quasi solo materne ed elementari e concentrate soprattutto al Nord d’Italia (con eccezioni di rilievo come la scuola “Giacomo Costa” di Salerno o la scuola media paritaria di Perugia che raggruppa scuole secondarie superiori di II grado1).

Quali sono le basi su cui si fondamenta il metodo montessoriano? Analizzandole si verificano alcuni principi che, a distanza di oltre un secolo, sono vigenti nell’attuale sistema educativo e si rilevano gli aspetti più consoni alla convinzione che il bambino debba crescere per diventare una persona responsabile di sé stessa e della propria formazione, saper convivere in società e far parte del mondo e migliorarlo. Un bambino a cui occorre non più frenare i suoi impulsi, non più dirigere verso un’educazione stabilita ma spingerlo a sviluppare la propria spontaneità, la propria scoperta del mondo seguendo i suoi ritmi e interessi.

Le basi pedagogiche del metodo Montessori si allacciano al positivismo imperante dell’epoca e all’ordine naturale della conoscenza. La novità rivoluzionaria probabilmente risieda nella convinzione che a promuovere l’apprendimento sia la libertà a cui il bambino viene esposto in un ambiente sereno, su misura, dentro una casa per e dei bambini in cui i sensi si sviluppano in un modo libero e naturale, senza costrizioni. Montessori elaborò un metodo scientifico basato sull’esperienza che il bambino vive attraverso lo sviluppo sensoriale e la propria interazione con il mondo e con in compagni manipolando un materiale costruito secondo criteri scientifici e svolgendo delle attività specifiche che vanno dagli esercizi più semplici ai più complessi i quali preparano il bambino in modo naturale alla lettura, la scrittura e la matematica.

Poiché al centro del metodo Montessori vi è il bambino – e non più la maestra – e poiché il bambino apprende autonomamente attraverso l’utilizzo attivo del materiale strutturato – e non più ascoltando passivamente la lezione teorica – la maestra diventa la mediatrice tra il bambino e il materiale, la risorsa umana necessaria a porre il bambino in rapporto con il proprio oggetto di apprendimento (De Serio 2013: 52).

Il maestro osserva la naturale evoluzione dei bambini che hanno totale libertà per scegliere il materiale con cui interagire tutte le volte che desiderano, che impara in maniera indipendente, anche dai propri errori, senza costrizioni in modo che scaturisca in lui la naturale predisposizione ad imparare e a sviluppare le proprie potenziali abilità sensoriali, motorie e comunicative. (Bosna 2015). In questo modo, in quest’ambiente sereno, il bambino acquisisce senza premi né castighi la disciplina e i valori necessari per vivere in società lungo un processo continuo che può e dovrebbe durare tutto il suo percorso educativo.

Un processo che si fa garante del principio dell’apprendimento individualizzato, poiché favorisce le scelte personali e risponde alle motivazioni individuali di ogni bambino, ponendo al centro del processo educativo i suoi interessi e la loro spontanea manifestazione (De Serio 2013: 47).

L’obiettivo di Maria Montessori era che il bambino diventasse un adulto libero e responsabile delle proprie scelte considerandolo nella sua globalità (corpo, mente e anima). È facile immaginare la rivoluzione che provocò questo metodo presentato per sostituire un sistema educativo costrittivo e punitivo, con aule costruite per bambini grandi, con i banchi predisposti in fila (in quante scuole oggigiorno sono ancora così...). L’aula Montessori invece è un ambiente aperto e disposto in modo strutturato in diverse aree tematiche (linguaggio, matematica, scienze, arte, vita pratica...) con il materiale per le diverse attività esposto su scaffali aperti e visibili, facilmente raggiungibili dai piccoli, e sedie e tavolini con diverse misure per lavorare da soli o in collaborazione con i compagni (Trabalzini 2013). In effetti, il metodo Montessori ha un chiaro collegamento con alcuni dei principi pedagogici e didattici attualmente in vigore, come per esempio l’importanza della motivazione intrinseca e il lavoro collaborativo e cooperativo.

Ma com’è nato il germe di un metodo che difende la libertà di scelta dell’infante, lo sviluppo delle sue capacità cognitive e formative che lo incammini verso una vita consapevole e responsabile?

Maria Tecla Artemisia Montessori era nata a Chiaravalle (Ancona) il 31 agosto 1870 ed era figlia unica di genitori di borghesi liberali e cattolici. Crebbe in un ambiente benestante, dapprima a Firenze per poi trasferirsi definitivamente a Roma nel 1875, città in cui compì gli studi orientati verso l’indirizzo tecnico-scientifico alla “Regia scuola tecnica”. Nel 1890 frequentò il corso di laurea in scienze naturali, unica strada possibile che le permettesse di frequentare due anni dopo la facoltà di medicina presso l’Università La Sapienza, come finalmente fece, essendo una delle primissime donne a laurearsi in medicina nel 1896, con la specializzazione in psichiatria. Fu una decisione che segnò il suo destino, a livello professionale e anche personale. Come in tutte le attività che intraprese lungo la sua vita, si dedicò con passione allo studio delle diverse materie, ottenendo menzioni e premi. Spiccò in psichiatria, pediatria e igiene, materie che avrebbero indirizzato le sue scelte professionali, ed ebbe l’opportunità di lavorare in istituzioni diverse, come nel manicomio dell’ospedale di Santa Maria della Pietà di Monte Mario, la clinica psichiatrica dell’Università di Roma presso cui ottenne la nomina di assistente, dopo essersi laureata nel 1896. In clinica si dedicò al trattamento dei bambini con problemi psichici collaborando strettamente con Giuseppe Ferruccio Montesano, psicologo e psichiatra con cui inizierà un rapporto sentimentale che durò fino alla nascita del loro figlio, evento che Maria dovette vivere in maniera drammatica dal momento in cui dovette staccarsi da lui pochi giorni dopo essere nato. E questo è uno degli aspetti della vita di Maria Montessori più ammirevoli e su cui vale la pena di soffermarsi. Alla fine dell’Ottocento, essere madre fuori dal matrimonio significava essere emarginate dalla società e vivere con il peggiore degli oltraggi dati a una donna. Montesano finalmente preferì svincolarsi da Maria in quanto avrebbe dovuto dare delle spiegazioni che sarebbero risultate quanto meno imbarazzanti, nonostante ci fosse una tolleranza permissiva verso l’uomo che aveva delle avventure amorose fosse o non sposato. Ma per una donna era l’opposto: innamorarsi di un uomo, avere un rapporto con lui, benché potesse condurre al matrimonio, non importava assolutamente niente, era un fatto condannato dalla società e come tale la donna era sempre vilipendiate. Maria avrebbe voluto condividere la sua vita con Giuseppe ed educare il loro figlio con i principi educativi che lei stessa avrebbe costruito ma la carriera di lui, la classe sociale a cui apparteneva, il peso di un figlio concepito fuori dal matrimonio, l’opposizione della madre di lei spinsero Montesano a “convincere” Maria a dare in adozione il figlio Mario. Possiamo immaginare lo strazio di Maria quando dovette separarsi da lui, un dolore che avrebbe stroncato il senno di qualsiasi madre ma non in Maria Montessori. Riuscì a sopportare il dolore della separazione e a costruirsi la vita senza di lui e, dalle ceneri della sua maternità stroncata, dedicare la sua vita ai più piccoli, ai più deboli e spesso orfani e abbandonati. “L’ intera opera della Montessori - e qui sta l’aspetto più rilevante della sua tragedia privata - rispecchia l’esperienza personale di Maria, il dramma universale di essere abbandonata e di abbandonare” (Fiori 1999). Maria Montessori potrebbe essere considerata la “mamma di tutti i bambini” e per loro elaborò un metodo che rivoluzionò i principi educativi; per difenderlo e diffonderlo viaggiò per tutto il mondo e si espose alle critiche e all’opposizione di autorità e istituzioni. È sempre stata una donna dal forte carattere, da quando impose ai genitori la sua decisione di frequentare la facoltà di medicina o quando, più tardi, dovette affrontare Benito Mussolini durante gli anni in cui si si applicò il suo metodo nelle scuole dell’Italia fascista. Il figlio di Maria intanto fu allevato da una famiglia di contadini che lavorava nelle terre della famiglia Montessano, nel Lazio, e Maria poté visitarlo nascondendogli la sua identità. Possiamo immaginare l’amore che covava verso il ragazzo che cresceva ignaro di chi fosse questa donna che lo andava a trovare, gli portava dei regali e addirittura esperimentava con lui alcuni dei materiali e delle attività che stava elaborando per la Casa dei Bambini2. Per quindici anni Maria Montessori fu capace di nascondere il suo amore materno fino a quando non morì la madre adottiva di Mario e finalmente poterono vivere insieme, sebbene fosse presentato ufficialmente come un suo nipote o suo figlio adottivo fino a quando, già adulto, fu pubblicamente riconosciuto. Il rapporto fra madre e figlio si strinse da allora sempre di più, e non si separarono fino alla morte di Maria tranne in contate occasioni3, ampliandosi al piano professionale fino al punto che Mario si fece una figura presente, spesso all’ombra della pedagogista: collaborò con lei in tutti i suoi progetti, fondò e organizzò l’Associazione Montessori Internazionale (AMI), l’accompagnò nei suoi viaggi e contribuì alla formazione dei docenti. Alla morte di Maria, e fino alla sua propria, continuò a diffondere le teorie educative di sua madre. Fu, indubbiamente, un rapporto indissolubile, come se sentissero il bisogno di non stare lontani l’uno dall’altra dopo gli anni della separazione.

Negli anni immediatamente posteriori alla nascita di Mario, Maria Montessori partecipò in Europa a numerosi convegni pedagogici e conferenze con l’obiettivo di destare interesse negli esperti e di sensibilizzare l’opinione pubblica verso l’importanza dell’educazione. Si dedicò in corpo e anima dapprima alla rieducazione dei bambini minorati mentali e, in seguito, estese i suoi studi (basati sugli studi svolti da Itard e Seguin4 soggiornando a Parigi tra il 1897 e il 1898) a tutti i fanciulli animata dagli speranzosi risultati ottenuti con i bambini anormali (definiti così tristemente in quell’epoca). Come pedagogista era convinta che la formazione fosse una questione sociale e che soltanto attraverso l’educazione del bambino si potesse rigenerare l’umanità (Tornar 2007).

Con queste convinzioni non poteva non difendere il ruolo della donna nella società propugnando l’emancipazione femminile attraverso l’educazione. È opportuno ricordare che “nel 1900 soltanto 250 donne erano iscritte alle università italiane, 287 ai licei, 267 alle scuole di magistero superiore” (Priulla 2013: 60). Montessori, difatti, nel 1896 aveva fondato un’associazione femminile romana e nel 1899 (un anno dopo la nascita di suo figlio), diventò membro dell’Unione materna e continuò a difendere l’importanza della donna in una partecipazione attiva alla società. Partecipò come delegata in rappresentazione dell’Italia all’International Council of Women, tenutosi a Londra, nel 1899. Maria combaciava la sua lotta per il femminismo con i suoi studi pedagogici e nel 1898 presentò a Torino gli straordinari risultati che aveva ottenuto con i minorati mentali. Risulta evidente come gli episodi che sconvolsero la sua vita personale segnavano le sue scelte professionali: come donna il suo amore verso il suo compagno fu rifiutato (dopo la rottura definitiva con Montesano scelse il nero come colore per i suoi vestiti5) e come madre il suo amore verso il figlio fu stroncato dalla nascita. Come non poteva essere altrimenti (le alternative sarebbero state la pazzia e la morte) dedicò tutte le sue energie all’emancipazione delle donne e all’educazione dei bambini. Montessori fece parte di diverse associazioni femminili che difendevano i diritti delle donne, tra cui quello al suffragio6. Conobbe e condivise in parte le idee di Ellen Key7 e partecipò ai congressi di Roma e di Milano del 1908, convocate dal Consiglio Nazionale delle donne italiane. In quest’associazione si sentivano rappresentate donne dell’alta borghesia che cercavano di aprire un solco nella società maschilista in cui tutte le donne avessero il proprio spazio e il proprio ruolo8.

La Montessori assistette negli anni successivi come rappresentante della delegazione italiana a numerosi congressi, sia nazionali che internazionali. In quello di Londra nel 1899, o in quello di Napoli (1901) denunciò la situazione discriminatoria delle maestre italiane delle scuole elementari, non solo per quanto riguardava la disparità nello stipendio in confronto ai colleghi uomini ma anche per le condizioni in cui lavoravano, specialmente quelle destinate in scuole rurali, spesso infraumane (De Serio 2013). I bambini e le donne, questi due sono i cardini su cui girò sempre la vita di Maria, gli esseri più deboli, più bisognosi. Addirittura, durante la seconda guerra mondiale, promosse un’iniziativa che formasse del personale specializzato affinché si dedicasse a trattare i danni psichici dei bambini finché durasse il conflitto. Il progetto, purtroppo, non fu portato a termine a causa della difficoltà a mettertelo in atto sul piano internazionale (Pironi 2010).

Montessori era convinta che la specificità delle donne e la loro intelligenza, se solo gli dessero l’opportunità di sviluppare le proprie potenzialità grazie ad un’educazione formativa, avrebbero potuto apportare dei contributi decisivi alla società e ai diversi ambiti professionali. Propugnava la necessità del nuovo ruolo che dovevano svolgere le donne nella società con l’obiettivo di costruire un mondo libero. Non dimentichiamo che Maria Montessori assimilò le idee positivistiche della sua epoca che non solo applicò al suo metodo educativo ma anche ai problemi sociali senza rinunciare al ruolo della maternità.

Per modificare la società intera, la donna avrebbe dovuto quindi diventare consapevole del suo nuovo ruolo sociale, superare il sentimentalismo tradizionale, per rileggere le ragioni del cuore alla luce della ragione ed approdare ad una nuova concezione della maternità. Si trattava di un collegamento tra scienza e società che aveva un valore molto importante dal punto di vista metodologico e che di fatto fondò un nuovo approccio alla conoscenza (Gori 2005: 253).

Maria Montessori non rinunciò mai alla fede e alla spiritualità e seppe coniugare scienza e religione, modernità e maternità9 . Nello stesso periodo si avvicinò alla teosofia (dottrina che fondeva scienza e religione) e diventò nel 1899 membro della Theosophical Society di Londra e non se ne svincolò mai come dimostra il fatto che avendo viaggiato in India poco prima durante la Grande Guerra il conflitto bellico la costrinse a rimanere in quel paese (1939-1946) e alloggiò alla sede principale della società ad Adyar.

Montessori fu una donna piena di inquietudini intellettuali e nei primi anni del secolo (dal 1900 al 1906) fu docente di antropologia10 e igiene all’Istituto superiore di magistero femminile di Roma mentre frequentava la facoltà di filosofia. Dal 1904 al 1910 fu docente in antropologia nella facoltà di scienze e impartì lezioni alla Scuola pedagogica di Roma (De Giorgi 2012).

La prima Casa dei Bambini fu inaugurata il 6 gennaio 1907 nel quartiere di San Lorenzo: faceva parte di un progetto dell’Istituto Romano dei Beni Stabili che aspirava a dotare di infrastrutture alcuni dei quartieri meno sviluppati della città. A Maria Montessori fu incaricata l’organizzazione di un asilo per i figli degli operai che risiedevano in questo quartiere.11 Le Case dei bambini non erano semplici asili o scuole ma progetti sociali che facevano parte degli ideali in cui credeva fermamente Montessori: il miglioramento dell’umanità attraverso lo sviluppo della crescita morale degli individui, e l’unico cammino per raggiungere questo fine è l’educazione.

Ma le case divennero anche un laboratorio del suo metodo: Maria passava ore a osservare i bambini e fu colpita dal rapporto fra il bambino e l’oggetto; cominciò così a usare oggetti didattici per stimolare i loro sensi con i colori, il materiale di cui erano fatti, le forme, e ne progettò la fabbricazione, sottoposta a successive modifiche, consapevole che ogni oggetto poteva condurre l’intelligenza infantile a svilupparsi per mezzo dell’affinamento dei sensi (Scaraffia 2011).

A partire della pubblicazione del suo Metodo, nel 190912, Maria Montessori ebbe l’opportunità di sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni educative non solo italiane ma di molti paesi europei e soprattutto degli Stati Uniti, paese che visitò in molte occasioni, sulla necessità di modificare profondamente le fondamenta su cui si basava il sistema educativo imperante e focalizzare l’attenzione su una formazione integrale del bambino e non solo accademica che facesse sviluppare in lui i potenziali valori morali che lo trasformassero in un cittadino del mondo. La Montessori iniziò così a organizzare dei corsi di formazione per maestri, prima in Italia13 e negli anni successivi anche all’estero, in cui gli istruiva personalmente; nel frattempo numerose scuole furono aperte in Europa e negli Stati Uniti.

In Italia negli anni venti iniziarono ad aprirsi nuovi centri anche per la formazione delle scuole elementari o si modificò il curriculum di molte tra quelle già esistenti e la riforma Gentile (1923) ammise l’indirizzo montessoriano tra le possibili impostazioni educative nella formazione dei bambini tra 3 e 6 anni. Inizia nella seconda metà degli anni venti il controverso e tortuoso rapporto istituzionale tra la pedagogista e Mussolini che sarebbe durato un decennio, fino al 1934. Il regime fascista sembrò infatti interessato alle idee della Montessori in quanto un appoggio alla famosa pedagogista e al suo rinomato Metodo avrebbero sicuramente provvisto il regime di un alone di modernità e di internazionalizzazione; d’altronde Maria Montessori sapeva di aver bisogno della protezione istituzionale per ottenere sostegno economico per i suoi progetti educativi14. Nel 1924 infatti fu fondata L’Opera Nazionale Montessori istituita con Regio Decreto e nel 1927 iniziò a pubblicarsi il mensile dell’Opera, L’idea Montessori con il sostegno di alcuni dei ministri di Mussolini. Nel 1928 fu fondata a Roma la Regia Scuola magistrale di Metodo Montessori con i migliori auspici del regime che trovava nel sistema montessoriano un utile strumento per i suoi fini: la formazione di bambini che diventassero cittadini fedeli alla patria italiana. Ma la determinazione di Maria nel propugnare la libertà di scelta e la sua naturale predisposizione verso la pace universale provocò in poco tempo la rottura definitiva della collaborazione di Maria Montessori con il regime fascista; in effetti nella prima metà degli anni trenta lei e suo figlio abbandonarono tutti i progetti che aveva intrapreso nell’Italia mussoliniana e le scuole montessoriane, come in Germania, furono clausurate. Maria e suo figlio nel 1934 si trasferirono in Spagna, a Barcellona, dove le sue idee erano state calorosamente accolte15 e la sede dell’Association Montessori Internationale (AMI), fondata nel 1929, fu spostata ad Amsterdam. Ma lo scoppio della guerra civile spagnola li spinse a trasferirsi in Inghilterra e in Olanda. In questi anni, madre e figlio (sposato con Ada Pierson) non si separarono, Mario diventò il suo assistente e il miglior diffusore delle idee di sua madre e viaggiarono insieme in India nel 1939 per dirigere un corso per gli insegnanti indiani dove incontrò Gandhi (De Giorgi 2012). Tra le due personalità scatto immediatamente una simpatia e un’ammirazione mutua e mantennero lunghe conversazioni durante i loro incontri (Giovetti 2009). La pedagogista visse in India fino al 1946 (costretta dal conflitto bellico che inondava l’Europa) e questo fu sicuramente uno dei periodi più felici della sua vita, circondata dalla serenità e dalla sincera accoglienza che le fu data dai suoi molti sostenitori i quali, a livello istituzionale, diffusero e sostennero i suoi progetti educativi. Vi rimase fino a quando si trasferì definitivamente in Olanda con Mario e la sua famiglia ma fu legata spiritualmente al paese asiatico il resto della sua vita16. Finita la Grande Guerra, passò qualche periodo in Italia in cui la nuova Repubblica italiana le offrì la fondazione di un’opera a suo nome e di riorganizzare nuovi corsi di formazione per applicare il suo metodo nelle scuole italiane.

Negli ultimi anni della sua vita ricevette numerosi premi nazionali e internazionali e fu candidata tre volte al premio Nobel per la pace. Continuò a viaggiare nonostante l’età avanzata a difendere le sue idee laddove volessero ascoltarla. In una lettera aperta a tutti i governi nel 1947 scrisse:

Attraverso lo studio dei bambini ho indagato la natura umana alla sua origine, sia ad Est che ad Ovest, e sebbene siano quarant’anni che porto avanti questo lavoro, l’infanzia mi sembra ancora un’inesauribile fonte di rivelazioni e –mi sia concesso dirlo– di speranza. L’infanzia mi ha mostrato che tutta l’umanità è una cosa sola (Montessori 1947).

Dal 1947 al 1949 Maria e Mario, insieme ad Ada Pierson, seconda moglie di Mario (e grande sostenitrice del Metodo in Olanda) partirono per l’India per un soggiorno in cui Maria partecipò a corsi e conferenze: nuovamente fu accolta con devozione nella nuova India indipendente che aveva bisogno di essere modernizzata fin dalle radici, cioè dall’educazione. Tornata definitivamente in Europa assistette a diversi congressi e conferenze internazionali a San Remo, Parigi, Firenze, Perugia, Chiaravalle, il suo paese natale, Tirolo, Austria e Roma, attiva fino alla fine, con una sorprendente energia fisica e soprattutto spirituale, a 80 anni.

Maria Montessori nutriva delle idee e dei sentimenti fermi verso l’infanzia, considerandola la fase più determinante nella vita di tutte le persone. Allo stesso modo la concezione montessoriana del sistema educativo includeva idee che si anticipavano di un secolo come si evidenziano in queste parole descrivendo il ruolo del docente:

Il primo passo da compiere per diventare un insegnante Montessori è quello di rinunciare alla propria onnipotenza e di accingersi con gioia a osservare. Se l’insegnante è veramente capace di sentire il piacere che viene dal veder nascere e crescere le cose sotto i propri occhi, e sa lavorare con umiltà, lo aspettano molte gioie, negate invece a coloro che di fronte a una classe pretendono di essere infallibili e avere un’autorità assoluta. Insegnanti come questi soffrono di illusioni, lontani come sono dal vedere la verità. Essi si dichiarano d’accordo sulla necessità di coltivare nei bambini la volontà perché abbiano un interesse spontaneo, ma pretendono che essa sia rigidamente controllata e repressa. Questa è una contraddizione in termini: non si può far sviluppare qualche cosa reprimendola. Disgraziatamente le persone che soffrono di illusioni non hanno logica; così questi insegnanti entrano nella scuola e incominciano ad applicare le loro contraddizioni. E fanno la cosa più facile: reprimono, comandano, distruggono. E’ facile, e si fa in fretta, a distruggere, si tratti di una struttura semplice o di una complessa; chiunque lo può fare. Ma come è difficile costruire! (Montessori 2009:179–180).

Morì il 6 maggio 1952 in Olanda, a Noordwijk aan Zee. Nella sua tomba recita il suo epitaffio in lingua italiana:

Io prego i cari bambini, che possono tutto, di unirsi a me per la costruzione della pace negli uomini e nel mondo.

Bibliografia

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1 Per ulteriori approfondimenti sulle scuole secondarie Montessori e sulla storia della loro istituzione cfr. Tornar, C. (2007): La pedagogia di Maria Montessori tra teoria e azione. Milano: Franco Angeli.

2 La prima “Casa dei Bambini” fu fondata da Maria Montessori il 6 gennaio 1907 nel quartiere di San Lorenzo, a Roma. Concepita inizialmente per accogliere i figli degli operai residenti dei caseggiati romani. In questa scuola Maria concepì ed esperimentò le sue teorie pedagogiche. Per saperne di più, ved. Foschi, R. (2007): “Maria Montessori e la prima Casa dei Bambini dell’Istituto Romano di Beni Stabili (1907)”. Giornale di storia contemporanea, vol. 10, 160-174 e Foschi, R. (2008): “Science And Culture Around The Montessori’s First “Children’s Houses” in Rome (1907–1915)”. Journal of the history of the behavioral sciences, 44, 238-257.

3 Una di queste occasioni fu dopo il terzo e ultimo viaggio di Maria negli Stati Uniti, nel 1917: Maria tornò in Europa da sola dopo aver assistito al matrimonio di un giovanissimo Mario con Helen Christie con la quale ebbe quattro figli e che divorziò poco dopo (Giovetti 2009).

4 Entrambi i medici studiarono le cause dei ritardi nello sviluppo cognitivo dei bambini e la loro rieducazione, in speciale i casi dei bambini selvaggi, allevati da animali (Giovetti 2009).

5 La rottura con l’unico uomo della sua vita è circondata da un alone di silenzio e le informazioni non sono sicure. Rita Kramer, biografa della pedagogista, seppe dallo stesso Mario che sua madre e Giusepppe Montesano accordarono di non sposarsi ma di non farlo con nessun’altra persona. Il matrimonio di lui con Maria Aprile nel 1901 avrebbero provocato la rottura definitiva tra i due (Kramer, 1976). Altre informazioni riguardano anche la rivalità professionale tra i due scienziati, da non scartare, certamente (Giovetti, 2009).

6 Sostenne, come non poteva essere altrimenti, il diritto al voto delle donne e appoggiò il testo che fu presentato al Senato nel 1906, dall’Alleanza Pro-Suffragio. Cfr. Morelli, MªTeresa (a cura di) (2007). Le donne della Costituente. Roma: Laterza

7 Attivista svedese propugnava l’importanza del ruolo della donna nella società e la condivisione della sfera pubblica con quella privata. Per approfondimenti, cfr. Pironi, T. (2010b): “Da Ellen Key a Maria Montessori: la progettazione di nuovi spazi educativi per l’infanzia”. Ricerche di Pedagogia e Didattica, 5,1-Infanzie e famiglie.

8 Scrisse addirittura un articolo: Montessori, M. (1912): “La morale sessuale nell’educazione”. Atti del I Congresso Nazionale delle donne italiane. Roma 24-30 aprile 1908: Stabilimento Tipografico della Società Editrice Laziale, 272-281.

9 Nel 1906 criticò le idee della femminista Anna Maria Mozzoni, che sosteneva che la donna sarebbe dovuta liberarsi dai pregiudizi e diventare una «Eva moderna»; Montessori invece propugnava la «maternità sociale» di Maria di Nazareth. Anni più tardi, scrisse delle pubblicazioni su come integrare la liturgia nell’infanzia: Montessori, M. (1922): I bambini viventi nella chiesa. Napoli: Alberto Morano Editore e Montessori, M. (1949): La santa messa spiegata ai bambini. Milano: Garzanti.

10 Scrisse addirittura un libro sui caratteri fisici delle giovani donne del Lazio: Montessori, M. (1905): “Caratteri fisici delle giovani donne del Lazio”. Atti della Società Romana di Antropologia. Società Romana di Antropologia, volume XII, fascicolo I, 3–83.

11 Ne fu aperta un’altra nello stesso quartiere, il 7 aprile del 1907. L’anno successivo, grazie ai contatti con alcuni membri della “Società Umanitaria” ne aprì un’altra a Milano e una terza a Roma, nel 1909. Fu proprio grazie alla sua partecipazione ai diversi congressi delle associazioni a cui apparteneva che diffuse i suoi metodi e le sue convinzioni e che lei stessa applicava nelle Case dei Bambini. L’appoggio che ricevette da personaggi influenti come Alice Hallgarten, i baroni Franchetti, Felicitas Büchner o Sofia Bisi Albini le facilitarono un’ampia e interessante diffusione delle sue idee e per l’apertura della quarta Casa dei Bambini, a Roma, presso le suore missionarie francescane (De Giorgi 2012).

12 Nel corso dei due decenni successivi l’opera fu tradotta in 36 lingue e fu pubblicata in 58 paesi. Nacquero associazioni come la Montessori Society of Scotland, la British Montessori Society, la American Montessori Society. E addirittura una rivista pedagogica, The call of education. Psycho-pedagogical Journal – International Organ of the Montessori Movement, con sedi ad Amsterdam e a Parigi. Nel 1916 fu fondato il Comitato Nazionale Montessori (De Giorgi 2012).

13 Nel 1913 organizzò il primo Corso Internazionale sul Metodo, con la partecipazione di assistenti di diciotto nazionalità, specialmente statunitensi. Il corso significò la nascita del “movimento montessoriano” e l’internalizzazione del “Metodo Montessori”.

14 I rapporti di Maria Montessori con il regime fascista furono in effetti costanti durante quel decennio, succedendosi incontri personali con Mussolini e i ministri della Pubblica Istruzioni. Nel 1926 ebbe la tessera fascista ed era membro onorario del partito. Tuttavia, non mancarono scontri verbali ed epistolari tra Mario Montessori e le diverse istituzioni governative (Giovetti 2009).

15 Una sua discepola, Anna Maccheroni, aveva aperto una Casa dei Bambini nel 1915. Cfr.: Sáiz, M.; Sáiz, D. (2005): “La estancia de María Montessori en Barcelona: La influencia de su método en la psicopedagogía catalana”. Revista de Historia de la Psicología, vol. 26, 200-212.

16 Per approfondire i rapporti di Maria Montessori con l’India, cfr. il capitolo “In India” che Paola Giovetti dedica nella sua biografia, che riporta interviste di personaggi che conobbero la pedagogista e ad alunni che assistettero ai suoi corsi (Giovetti 2009: 93-114).

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