Mujeres de letras: pioneras en el arte, el ensayismo y la educación
BLOQUE 2. Pensadoras y filósofas

Emilia Peruzzi versus Maria Rattazzi

Maria Rattazzi - Carmela Panarello

Liceo Scientifico Statale A. Gramsci

Riassunto: A Firenze, dal 1865 al 1871, il centro culturale e politico della nuova capitale del Regno d’Italia furono i salotti di Emilia Peruzzi e Maria Rattazzi. Frequentati da intellettuali italiani e stranieri e da uomini politici, contribuirono al processo unitario diventando fucina di dibattito civico e favorendo il confronto e la conoscenza tra le regioni italiane ed un primo approccio alla cultura europea. L’accentuazione del contrasto tra il rigore e l’impegno civile dell’una e la raffinatezza e la vivacità intellettuale dell’altra non sempre evidenzia sufficientemente gli apporti personali alla nascita di una coscienza nazionale e la riflessione sulla centralità della condizione femminile.

Palabras clave: Emilia Peruzzi; Maria Rattazzi; salotti; politica; cultura; condizione femminile.

1. Due personalità, due salotti

Le vicende umane, sociali e politiche di Emilia Peruzzi e Maria Rattazzi si dipanano tra il 1865 ed il 1871 nella cornice di una Firenze appena divenuta capitale d’Italia. In città ferveva il dibattito sull’urgenza di una sua modernizzazione, che contrapponeva quelli che guardavano alla tradizione come un glorioso valore da difendere a quanti manifestavano l’esigenza di adeguare al ruolo di capitale del neo-nato Regno d’Italia il luogo che, proprio seicento anni prima, aveva dato i natali a Dante Alighieri. Traspare preoccupazione già da quanto si legge nell’art. “Diario Politico” apparso sul quotidiano fiorentino La Nazione: [Firenze, volente o nolente, sopporterà una immensa trasformazione appena si sia voltata qua la corrente della civiltà nazionale …La Nazione,4/1 1865].. Così, sedotti da una nazione in cerca di una nuova città da poter considerare degna di essere definita “capitale”, i cittadini devono provvedere ad adeguare le strutture per accogliere sedi diplomatiche, abitazioni, uffici pubblici, caserme e scuole per fronteggiare la crescita di 30.000 unità della popolazione. Infatti, tanti erano i diplomatici, i politici, i funzionari di stato, i dipendenti dei ministeri ed i militari accompagnati dalle rispettive famiglie che arrivarono da Torino al seguito del re d’Italia Vittorio Emanuele II proponendo uno stile di vita più moderno e raffinato, sul modello delle altre capitali d’ Europa. Di contro i Fiorentini, uomini di cultura sì, ma forse troppo provinciali e soprattutto non sempre pronti ad assistere ai cambiamenti della propria città, subirono come un’ invasione l’arrivo dei Piemontesi definiti con disprezzo “buzzurri “.La consapevolezza della difficoltà di questa convivenza è ben descritta nello stesso articolo in cui si illustrava il modo di essere dei fiorentini e l’immagine che si aveva di loro fuori dalla Toscana: [più pronti a menare la lingua che le mani; non manca la potenza di intendere, ma la voglia di fare, la tenacia dei propositi e quello spirito intraprendente e perseverante che distingue soprattutto i popoli dell’alta Italia… La Nazione,4/1 1865].

Intanto cambiava il volto della città.

Mentre si progettava la realizzazione dei viali, si abbattevano le vecchie mura, si apriva al pubblico il parco delle Cascine e si costruivano nuovi edifici, le semplici osterie si trasformavano in caffè ricercati, nascevano circoli esclusivi frequentati da alti ufficiali e diplomatici ed infine raffinati ristoranti e cioccolaterie prendevano il posto delle caratteristiche trattorie. Disquisivano di arte, politica, e cultura gli accademici della Crusca e dei Georgofili, i pittori “macchiaioli” che si incontravano al Caffè Michelangelo, gli intellettuali italiani e stranieri che frequentavano il Gabinetto Vieusseux. Nei salotti eleganti della città ferveva la vita mondana, non priva di velleità artistiche e culturali: qui, in giorni prestabiliti, si ritrovano uomini politici, dame, viaggiatori italiani e stranieri, intellettuali ed esponenti della nobiltà per disquisire, tra frivolezze ed pettegolezzi, su tematiche politiche, mondane, culturali e sociali Tra questi, i più ambiti e meglio frequentati, soprattutto da uomini politici e da intellettuali italiani e stranieri furono il salotto filo francese della Baronessa Maria Bonaparte Wise Rattazzi, discendente di Napoleone Bonaparte e moglie di Urbano, esponente della sinistra moderata e anticlericale, che fu primo Ministro nel 1862 e nel 1867 e Presidente della Camera dei Deputati, e quello coltissimo della fiorentina Emilia Toscanelli Peruzzi, moglie del senatore Ubaldino, liberale, più volte ministro del Regno di Italia e sindaco di Firenze a partire dal 1871. Ancora oggi nell’immaginario collettivo essi rappresentano emblematicamente l’insanabile contrapposizione tra due mondi. Nel primo, dominato dalla voglia di divertirsi e dalla curiosità intellettuale di Madame Rattazzi, prevalsero la consapevolezza della varietà dei modelli culturali e l’attenzione a realtà diverse da quella nazionale; ma, soprattutto, si rifiutarono con fermezza le abitudini arretrate e tutto ciò che poteva apparire obsoleto o frutto di chiusura mentale.

Le cronache dell’epoca ed i testimoni descrivono Maria come una donna dalla bellezza stravagante, nata in Irlanda, vissuta in Francia dove aveva frequentato letterati e artisti come Victor Hugo, Honoré de Balzac e Honoré Damier. Nel 1863, Maria, dopo appena quindici giorni dalla morte del primo marito Frederic Joseph De Solms, aveva sposato il senatore Urbano Rattazzi, un politico rigoroso ed esponente della sinistra moderata che si era rifiutato di formare il governo che avrebbe dovuto trasferire la capitale da Torino a Firenze, Quando la coppia al seguito del Re d’Italia si trasferì a Firenze, la nobile francese, già allontanata da Parigi per le critiche alla politica antilibertaria di Napoleone III, chiacchierata e malvista dalla nobiltà torinese anche per le gaffe continue in cui incorreva, teneva un celebre salotto nel Palazzo Guadagni in cui non perdeva l’occasione di manifestare il suo disprezzo verso i nobili Fiorentini, da lei considerati arretrati e provinciali. D’altra parte questi, tradizionalisti e austeri, infastiditi dalle accuse di provincialismo, detestavano la nobile francese e “non le perdonavano l’uso del francese, la raffinatezza e l’eleganza nel vestire, nonché l’ostentazione della illustre parentela […]” (Panarello 2015: 148-51).

Nel cinquecentesco palazzo di piazza S. Spirito, dove ogni giovedì si faceva musica, si organizzavano balli, si mettevano in scena rappresentazioni teatrali in francese, la padrona di casa intratteneva gli ospiti nel Salone delle feste, arredato con mobili di gusto francese ed arricchito da ori e da velluti. Sul lato del palazzo rivolto verso via Mazzetta, vi era un teatro, dove la donna si esibiva come attrice, regista, scenografa di commediole ambientate in Francia e scritte in francese, e dove organizzava tableaux vivants ed offriva pranzi in piedi. Dall’altra parte dell’Arno, al numero 14 di Borgo de’ Greci, nel palazzo Peruzzi, all’interno del quale si celebravano l’impegno politico e civile ed il rigore morale della “Sora” Emilia, si sviluppò il dibattito sulla questione nazionale, scontrandosi le posizioni più moderate con quelle più rivoluzionarie e, spesso, ispirando l’agire politico col confronto delle idee qui dibattute; quello che fu definito il più importante centro politico e intellettuale di Firenze Capitale, ruotava intorno alla figura di una donna intelligente, di grande sensibilità politica e sociale, che possedeva un’innata capacità di mettere l’ospite a proprio agio. Appartenente ad una famiglia borghese di Livorno con simpatie liberali, fin da giovane aveva dimostrato interesse per la politica e per l’epopea del Risorgimento e in seguito alla morte della madre aveva avuto modo di accogliere e frequentare nella casa paterna filosofi e scienziati dell’università di Pisa tra cui il liberale Ottaviano Fabrizio Mossotti, professore di matematica, fisica ed astronomia ed Antonio Rosmini, teorico del cattolicesimo liberale. Condivise con Ubaldino l’entusiasmo per la prima guerra d’Indipendenza, a cui parteciparono i fratelli Domenico e Giuseppe col battaglione universitario pisano. Nel Salotto Rosso, così chiamato per i due divani scomodi di velluto rosso, che lo arredavano, ogni lunedì da ottobre a maggio, Emilia, abbigliata con signorile semplicità, accoglieva gli uomini politici, gli scienziati, gli intellettuali e gli stranieri che passavano da Firenze, attratti dall’aura di antica nobiltà, di ospitalità calda unita a grande cortesia che vi aleggiava. Nei mesi estivi il salotto si riuniva solo di domenica nella residenza estiva di Villa La Torre, appartenente alla famiglia dal 1299; la coppia si stabilì definitivamente all’ Antella dopo la perdita del palazzo di Firenze, venduto da Ubaldino per contribuire a ripianare i debiti del Comune che aveva fatto bancarotta in seguito alle dispendiose opere di ammodernamento da lui intraprese come sindaco. Durante gli incontri si discuteva di politica, economia e cultura e “la cronaca mondana, la moda e altri argomenti soliti dei discorsi femminili erano quasi affatto banditi dalla conversazione […]” (De Amicis 1902: 95); ai visitatori venivano offerti rosolio e biscotti e sul tavolo della sala era collocato un album in cui lasciare versi, disegni o pensieri politici. La conversazione si svolgeva in Italiano e non in Francese, mancava un pianoforte per allietare gli ospiti con la musica e per vivacizzare e variare la conversazione non era ritenuta indispensabile la presenza di un artista, uno scienziato, un politico ed una gentildonna, previsto dalla regola “delle 4 sedie”.

Per la cultura italiana il salotto Peruzzi, oltre che luogo simbolico divenne un centro pratico di formazione per una generazione di intellettuali e politici. Qui il politico e letterato Isidoro Del Lungo, il segretario del Ministero degli Interni Silvio Spaventa,l’ex mazziniano Emilio Visconti Venosta, l’esponente della Destra Marco Minghetti Renato Fucini, rappresentante del Verismo Toscano con Le veglie di Neri, Gabrio Casati, più volte presidente del Senato negli anni di Firenze Capitale, ed il poeta Giacomo Zanella teorizzavano la nascita di un’Italia nuova prevalentemente moderata, ma attenta alle istanze sociali emergenti; ospiti abituali di Emilia erano l’antropologo Paolo Mantegazza che fu contrario alla legge sul macinato, Giovan Battista Giorgini, genero del Manzoni, lo studioso palermitano Michele Amari, l’On. Giuseppe Toscanelli, fratello della padrona di casa, la poetessa Ada Negri, il diplomatico piemontese Cesare Alfieri, il politico e letterato Carlo Tenca, animatore del salotto patriottico della contessa Maffei, e infine il padrone di casa Ubaldino, ministro dell’Interno e dei Lavori Pubblici del Regno di Italia, e sindaco di Firenze a partire dal 1871.

La contrapposizione tra gli stili di vita delle due dame era funzionale per suggerire all’opinione pubblica come i valori della tradizione e della fiorentinità fossero i più consoni per definire un’identità nazionale unitaria. Di contro, con una lettura a volte troppo superficiale venivano banalizzati e ridicolizzati la propensione alle innovazioni, la simpatia per le istanze politiche libertarie ed i poco convenzionali comportamenti di Maria e, soprattutto di lei, non fu compresa la attenzione alla società ed alla cultura straniera. Difatti, Maria avendo animato i salotti parigini, avendo stimolato la società sonnolenta di Aix le Bains con i suoi giornali, avendo frequentato intellettuali, diplomatici e politici, ed essendo stata amica dell’imperatore Napoleone III, era stata accolta con rispetto a Torino anche in quanto moglie del Primo Ministro. A Firenze, invece, esibiva se stessa, le sue doti, le sue frequentazioni, le sue simpatie ed antipatie senza suscitare grande interesse. Frequentavano questi incontri alcuni uomini politici amici del marito, diplomatici e persone che speravano di trarre vantaggio da una qualche contiguità col Primo Ministro il quale, di contro, appena se ne presentava l’opportunità era solito tagliare la corda abbandonando la compagnia. Non erano numerosi i giornalisti e gli intellettuali che partecipavano alle sue riunioni: per cui la padrona di casa riteneva Emilia responsabile dell’insuccesso del suo salotto “à la page” e si meravigliava che la società fiorentina si facesse rappresentare da una donna così disadorna, così austera e neppure bella. Tutta incentrata sulla sua persona non riusciva a considerare il fatto che Emilia, oltre a stimolare il confronto di idee tra i suoi ospiti mettendosi apparentemente da parte, facesse politica sollecitando attenzioni per le realtà più emarginate…

2. Esasperazione delle differenze

Edmondo De Amicis rievoca nostalgicamente il salotto rosso “Allo svolgimento della politica del giorno si assisteva in quella casa come in una succursale del Parlamento” (De Amicis 1902: 95). Qui ferveva il dibattito sulla questione meridionale con il deputato napoletano Pasquale Villari: ai cui studi si rifece Sidney Sonnino per analizzare le condizioni di vita dei contadini e la situazione dell’agricoltura della Toscana e successivamente della Sicilia. Quest’ultimo redasse con Leopoldo Franchetti, un altro assiduo frequentatore del salotto di Borgo dei Greci l’inchiesta La Sicilia nel 1876 (Franchetti; Sonnino 1877) da cui derivarono studi successivi e provvedimenti legislativi. Essi avevano evidenziato i limiti del latifondo per l’assenteismo dei proprietari terrieri dell’Italia meridionale e per la presenza sul territorio di strutture mafiose, ed avevano indicato al Parlamento l’opportunità di un miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori agricoli per evitare uno scontro di classe. Col ministro Ruggero Bonghi, che promulgò nuovi regolamenti integrativi della legge Casati e cercò di migliorare la condizione dei maestri elementari si caldeggiava l’ uso del toscano come lingua nazionale e si valutava la qualità dell’istruzione maschile e soprattutto femminile; infine, negli anni‘70 Vilfredo Pareto1, che sosteneva la necessità che la donna “fosse libera, emancipata, elettrice ed eletta, giudice ed avvocato […]” (Urbinati1988: 251-73), introdusse, con il benevolo appoggio della padrona di casa, il dibattito sul suffragio femminile e la rappresentanza proporzionale. Queste posizioni avanzate la resero oggetto di una pesante critica: in una vignetta satirica, alludendo ad un supposto capovolgimento dei ruoli, Emilia veniva rappresentata come una brava massaia con le mani protette da un manicotto mentre faceva le veci del marito Ministro dell’Interno2.

Anche il salotto Rattazzi fu teatro di una pirotecnica attività politica che produsse tensioni e a volte sfociò in duelli o innescò crisi di governo. Maria sapeva attirare l’attenzione su di sé con la sua spregiudicatezza, oltre ad essere un’abile provocatrice con la sua maldicenza velenosa. Indispettita per aver dovuto lasciare la raffinata Torino per una Firenze ai suoi occhi rozza e inadeguata alla dignità del nuovo ruolo, arrivò ad accusare Ubaldino Peruzzi e Silvio Spaventa, nel settembre 1865 ministro e segretario degli Interni, di aver usato i fondi del Ministero per organizzare una campagna stampa a favore del trasferimento della capitale a Firenze indicandoli come responsabili morali della strage di Torino3. Successivamente, al Carnevale del 1866, in occasione del primo anniversario di Firenze capitale, si presentò a Palazzo Fenzi per il ballo in maschera vestita da Baccante, coperta solo da una pelle di leopardo e qualche tralcio di vite, “di modo che si poteva ammirare […] la bella modellatura della gamba ed altre linee degne di una statua greca […]” (Pesci 1904: 345). Questo comportamento provocò grave scandalo ed una corale riprovazione anche perché la dimora degli austeri banchieri fiorentini si apriva per questo evento mondano anche a giovanette in età da marito.

L’acme dello scontro tra la vivace nobildonna francese e la compassata e un po’ retrograda nobiltà fiorentina fu raggiunto nel 1867, con la pubblicazione del romanzo Le chemin du Paradis (Ratazzi 1867: 4), il quarto tomo della serie Le piège aux maris (Rattazzi 1965). In quest’opera le tre coppie di protagonisti dei romanzi precedenti si trasferivano in Germania a Bicheville, una immaginaria città-cerva o città-coniglio nei cui abitanti, descritti in modo per nulla lusinghiero, si riconobbero molti cittadini, tra cui il senatore Pepoli, che, mossi da sentimenti di sdegno, in dodici occasioni sfidarono a duello il Primo Ministro. Rattazzi accettò un giurì d’onore e fu costretto a mandare la moglie a Parigi per qualche tempo, per scongiurare la caduta del suo governo e soprattutto per cercare di riconciliarsi con i Fiorentini. Ma come sarebbe stato possibile mettere a tacere il biasimo dei nobili molti dei quali si faceva credere che avessero acquistato per meriti indicibili titoli che non erano all’altezza di portare? E come si poteva attenuare il risentimento dei cittadini e degli uomini politici che si riconoscevano negli abitanti di Bicheville, descritti come persone meschine, lavandaie e avanzi di galera che erano diventati marchesi? E come sedare l’indignazione degli aristocratici, che erano rappresentati ridicolmente rinchiusi in ammuffiti salotti dove si ostinavano a conservare abitudini legate alla tradizione più rigida e severa, o le velenose insinuazioni sulla dubbia moralità delle loro donne, specialmente una certa marchesa Hermengarde, che faceva da nave scuola agli ufficiali che frequentavano la sua villa di campagna? L’allusione abbastanza esplicita faceva riferimento alla assidua frequentazione del salotto rosso e della villa dell’Antella da parte di Edmondo De Amicis e alludeva al salace pettegolezzo di un innamoramento dello scrittore per l’amica e musa ispiratrice.

In realtà Emilia chi si era mostrata disponibile a correggere l’italiano dei Bozzetti militari, con pacata determinazione e con fermezza aveva smorzato gli ardori del giovane ufficiale piemontese, che doveva aver frainteso la sua disponibilità. A dimostrazione dell’importanza di questa frequentazione, l’autore nel libro Cuore annovererà tra i valori fondanti di una società civile l’amore per la patria, il dovere, l’eroismo, la solidarietà sociale, l’italianità e la questione meridionale. La reazione dei Fiorentini non si fece attendere: mentre le signore dell’aristocrazia riprovavano la maldicenza e la mancanza di pudore di Madame Rattazzi, i giornali satirici ne fecero oggetto di sarcasmo nelle loro vignette: dalle battute sagaci del Pasquino4 si passò alle insinuazioni de La chiacchiera5 e per finire, alla maldicenza dei Pettegolezzi fiorentini6.

3. Strumentalizzazione politica

Ormai, per il sentire comune l’interesse per la politica, la pacatezza, la curiosità culturale e la calda ospitalità dell’una erano divenute antitetiche allo scarso senso di opportunità politica, all’eleganza raffinata, alla insofferenza verso tutto ciò che era legato al passato ed all’ instabilità nelle relazioni personali dell’altra. Il dibattito politico tra la Destra e la Sinistra strumentalizzò le doti di intelligenza politica, umanità e sensibilità sociale della Peruzzi facendola diventare il modello che la cultura fiorentina voleva offrire alla neo-nata nazione; invece, venne giudicata sommariamente e opportunisticamente condannata ad una damnatio memoriae la provocatrice, esterofila e per nulla convenzionale Maria Rattazzi. D’altronde, come poteva essere apprezzata dai seriosi e un po’ bacchettoni Fiorentini una donna che al dibattito politico fondato sul confronto tra posizioni diverse e alla ricerca di un equilibrio foriero di crescita sociale, preferiva il pettegolezzo, le insinuazioni le provocazioni? Come poteva essere preso sul serio il suo desiderio di innovazione da chi considerava un segno di rilassatezza morale la curiosità e la sperimentazione di forme di espressione meno convenzionali? E, infine, come potevano i Fiorentini, che avevano fatto della sora Emilia, benevola affettuosa, accogliente ed intelligente, il simbolo della politica e della cultura di Firenze Capitale, resistere alla tentazione di far vincere la santità laica della Peruzzi sulla frivolezza, la mancanza di senso dell’opportunità politica, la ricerca di novità e lo spirito libero della donna considerata dall’agiografia popolare la sua rivale?

4. Opere di Emilia Peruzzi

Per cercare una risposta motivata, esploreremo il modo di essere delle due donne attraverso gli scritti con l’obiettivo di verificare se il divario incolmabile comunemente rappresentato sia reale o artatamente costruito.

Così diceva di sé la Peruzzi nel Diario [Forse non sono abbastanza donna per essere madre. I miei gusti sono piuttosto quelli degli uomini che delle donne. Le cose patrie, gli studi, le occupazioni tutte, esclusi i lavori donneschi. I viaggi, l’operosità, la vita pubblica sono le mia passioni, le cose a cui mi dedico con trasporto […] (Toscanelli 2007) e successivamente considerava “come donna sono un essere in completissimo […] ma come moglie raggiungo l’apice della felicità per la felicità che do e ricevo e come creatura umana offro alle genti il raro esempio di un essere felice a cui in questa valle di lacrime non rimangono desideri da soddisfare […]” (Toscanelli 2007).

Si racconta come una viaggiatrice curiosa, che girava con la guida turistica in mano, s’interessava al funzionamento dei trasporti ferroviari, incontrava conoscenti, acquistava doni per gli amici, annotava meticolosamente i luoghi di ristoro e le pietanze consumate. Non animata da grandi ambizioni intellettuali, ma dotata di buone capacità comunicative ed acume politico, Emilia passò buona parte della sua vita a scrivere, lasciandoci un preziosissimo affresco dell’epoca: in aggiunta ad un diario e ai suoi ricordi pubblicati postumi (Toscanelli 1934), nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze si trovano, oltre alle raccolte epistolari edite7, numerosissimi manoscritti con lettere, biglietti, brevi messaggi che la donna inviava tutti i giorni, con regolarità implacabile, ad una rete enorme di corrispondenti, con cui coltivò relazioni ed amicizie per tutta la vita, armonizzando tendenze e tradizioni eterogenee e favorendo l’ incontro tra regioni e radici culturali diverse8.

5. Madame Rattazzi: solo una donna frivola?

Sempre a Firenze presso la Biblioteca Nazionale Centrale, nel Fondo Tordi, risalente al 1933, in una scheda bibliografica9 dell’epistolario di Maria Rattazzi l’anonimo ‘estensore definisce la donna [scrittrice e donna politica francese]10.

5.1. Scrittrice?

Durante la permanenza fiorentina Madame Rattazzi venne considerata una nobildonna annoiata, che si dilettava a scrivere poesie, e commedie che venivano rappresentate in palazzo Guadagni ed anche dei romanzi. Manteneva costanti rapporti epistolari indirizzando ai suoi corrispondenti lettere e biglietti su carta raffinata con impressa la corona imperiale. In realtà nel Catalogue général de la Bibliothèque Nationale de France, alla voce a lei dedicata, sono annoverati 108 Riferimenti bibliografici di cui ben 71 come autrice. Anche nel Catalogo del Servizio Bibliotecario Nazionale Italiano sono elencate 49 sue opere come anche, per finire, nel Catalogo della Biblioteca Centrale Nazionale di Firenze sono presenti ben 23 schede a suo nome. I suoi scritti la rivelano, in contrapposizione con la donna dalla vita irrequieta, fantasiosa, piena di capricci e colpi di scena, come una persona colta, attenta ai cambiamenti sociali e culturali, idealista e libertaria e che ha frequentato importanti uomini politici ed intellettuali europei. Le opere prevalentemente firmate con il cognome Rattazzi spaziano dalla narrativa alla saggistica, dalla biografia alla poesia, dalla politica ai racconti di viaggio. Per intrattenere gli ospiti nei suoi salotti si cimentò nella musica11 e nella drammaturgia12. Allieva del famoso disegnatore satirico Honoré Daumier, diede il suo personale contributo di Caricaturista estrosa e velenosa rappresentando, in una serie di caricature caratterizzate da “Grosses Têtes” su piccoli corpi, personaggi politici dell’Italia post-unitaria e dame di società còlti in situazioni umoristiche e satiriche13. Spirito libero, nei romanzi14 e nei racconti15 descrisse a volte realtà scandalistiche o scabrose, incurante di critiche e polemiche, anzi sembrando quasi divertita di suscitarle. Nel romanzo Le mariage d’une Créole (Rattazzi 1866) del 1864 faceva riferimento ad un evento di cui era stato protagonista un alto esponente della politica e della finanza parigina16, per cui ne fu proibita la pubblicazione in Francia17. Nella biblioteca di Giuseppe Garibaldi a Caprera18 è conservata una copia del polemico19 romanzo in versi La Chanteuse des Colonies (Rattazzi 1867b), con dedica autografa dell’autrice20.

Addirittura, nel 1867 provocò quasi una crisi di governo in occasione della pubblicazione del già citato romanzo Le chemin du paradis (Bicheville), il 4° tomo della saga Le piège aux maris21, suscitando l’indignazione di uomini politici ed abitanti di Firenze che attribuirono all’autrice un malizioso disegno politico di denigrazione della nuova capitale d’Italia22. Nata in Irlanda, educata a Parigi, sposata prima ad un Alsaziano, poi ad un Italiano ed infine ad uno Spagnolo, Maria ebbe molte occasioni per viaggiare e conoscere nuove realtà come l’Olanda23 e rimase affascinata da paesi come il Portogallo, che descrisse in un racconto di viaggio24 che non ebbe molta fortuna. Mandata in esilio in Savoia da Napoleone III per le sue idee politiche scrisse una guida di viaggio su Nizza25, edita più volte tra il 1854 ed il 1869 a Nizza, a Parigi e a Firenze; proprio nel 1854 nella città toscana Gian Pietro Viesseux26 aveva rifiutato la pubblicazione di “Nice ancienne et modernen”, non considerato consono alla sua linea editoriale ed aveva consigliato all’autrice di rivolgersi a Le Monnier che, successivamente, nel 1867 pubblicherà L’ aventurière des colonies. E, in più, si cimentò nella poesia27.

Per la molteplicità di interessi, la curiosità intellettuale, l’autonomia di giudizio critico e anche per l’apertura alla cultura del resto d’Europa i suoi scritti furono pubblicati in Italia, Belgio, Portogallo, Spagna e Svizzera; in Francia, tra gli altri, la Libraire Officiel de la Société des gens de lettres, l’editore alla moda Édouard Dentu, E. Flammarion, la Librairie des bibliophiles, il libraio specializzato in filosofia e filologia Félix Alcan e Degorce-Cadot dettero alle stampe le sue opere.

5.2. Donna politica francese?

Maria si definiva, senza mezzi termini, repubblicana e propugnava una forma di governo liberale, ritenendo Napoleone III l’usurpatore del trono di Francia. Nel 1853, accusata di aver reso il suo salotto un luogo d’incontro per sovversivi ed un Foyer d’opposizione al regime imperiale, fu allontanata da Parigi e si recò nella Savoia Piemontese e da allora fu tenuta sotto controllo dalla polizia segreta nei suoi viaggi a Torino, per la simpatia manifestata nei confronti dei patrioti italiani che lottavano per l’indipendenza. Ad Aix-les-Bains fondò la rivista letteraria e artistica “Les Matinées d’Aix-les-Bains”28, seguita da “Le journal du chalet29 e da “Soirées d’Aix-les-Bains”30 in cui trattava temi letterari e racconti di viaggio, traduceva libri stranieri e disegnava caricature e vignette satiriche; ad esse collaborarono il drammaturgo François Ponsard, lo scrittore Victor Hugo, il famoso autore di romanzi popolari Pierre Alexis Ponson du Terrail, il poeta romantico Théodore de Banville, il critico letterario Charles Augustin de Sainte-Beuve. Libertaria, progressista, ammiratrice di rivoluzionari ed eroi del Risorgimento come Giuseppe Garibaldi, illustrò i processi di unificazione nazionale in atto in Europa in un saggio storico sulla Spagna31 e propugnò l’unificazione tra Spagna e Portogallo32 in Le mariage ou L’avenir du Portugal; inoltre, descrisse la vita politica e culturale fiorentina negli anni in cui Firenze fu la Capitale del Regno d’Italia, anche con scritti di cronaca politica e di occasione33. Estimatrice di personaggi anticonvenzionali o ribelli come George Sand e Daniele Manin, ne raccontò la vita34. Scrisse, oltre alla sua35, la biografia di politici quali lo spagnolo Emilio Castelar36 e Urbano Rattazzi37, come anche della scrittrice Delphine De Girardin38. Curò la pubblicazione degli epistolari39 del marito ed anche quelli del poeta e musicista francese Pierre-Jean de Béranger e di Victor Hugo40. Interessata alle espressioni della cultura europea, intuì l’opportunità di far circolare al di fuori dei confini nazionali, oltre a quelle francesi, le produzioni artistiche e letterarie di altri paesi; conoscendo anche italiano, spagnolo e portoghese, curò la traduzione41 di molte opere e pubblicò in Italia Les matinées Italiennes42 ed in Spagna Les matinées Espagnoles43, che diventerà nel 1888 “Nouvelle Revue Internationale”, a testimonianza di una avvenuta, almeno nel suo pensiero, transnazionalizzazione della cultura .

6. Controluce: un’altra Maria, un’altra Emilia!

Da questo excursus vien fuori l’immagine di una donna moderna, innamorata della rivoluzione e della libertà, pronta a pagare le conseguenze di comportamenti poco avveduti senza sterili vittimismi. Una donna che, avendo vissuto in paesi diversi, aveva acquisito una grande apertura mentale ed attribuiva a politica e cultura una dimensione non limitata dai confini nazionali. Ed era proprio questo a preoccupare i Fiorentini che, affezionati alla grandezza del passato, di buon grado avevano accettato l’idea che la loro città diventasse, da capoluogo del Granducato, capoluogo della nazione. Questa esaltazione della Francia faceva sì che nell’ambiente cittadino si preferissero altri salotti: cosa avevano da imparare dai Francesi i concittadini di Dante, Galileo e Machiavelli, quelli che parlavano una lingua utilizzata come modello di lingua nazionale da Alessandro Manzoni? Piuttosto erano da preferire gli studiosi stranieri che avevano letto e tradotto i classici italiani e che a Firenze avevano come punto di riferimento il salotto rosso! Tra di essi, il poeta americano Henry Wadsworth Longfellow, grande estimatore della cultura italiana e studioso di Dante, che nel 1867 aveva pubblicato la prima versione americana della Divina Commedia, un gran successo che solo in quell’anno ebbe altre tre edizioni. In realtà, l’aspirazione dei Peruzzi a fare del loro salotto un punto di riferimento culturale e politico anche per gli intellettuali stranieri di passaggio a Firenze, si scontrava con le difficoltà che gli italiani, forniti di una scarsa conoscenza delle lingue straniere, incontravano nel comunicare con persone che venivano considerate come “Barbari” in quanto parlavano un italiano aulico, appreso studiando i nostri classici e, di conseguenza, non in grado di affrontare una conversazione sulle questioni attuali e scottanti dell’Italia postunitaria44.

Forse, almeno in questo, aveva visto giusto Madame Rattazzi!

7. La diversità: una risorsa!

E se, evitando di ritenere un problema le differenze tra gli stili di vita adottati dalle due donne, si considerasse la specificità una risorsa? Cadrebbe l’aureola di sacralità con cui è stata ammantata Emilia Peruzzi e l’accusa di cinismo e rilassatezza morale che ha pesato su Maria Rattazzi: né angeli né demoni, ma persone che fidandosi del proprio giudizio hanno partecipato alla vita della società civile. Risulterebbe evidente il contributo dato da ciascuna all’unità nazionale, favorendo processi di diffusione di usi e tradizioni delle regioni italiane e facendo conoscere alla giovane nazione modelli di vita e di cultura di altri paesi europei! Negli scritti di entrambe, infatti, come in un ordito o un ricamo, a seconda di quale delle due si parli, traspare un sentire comune che, pur se in forme diverse, è riconducibile alla passione politica, al senso civico ed all’interesse per la cultura che condividevano. Ed anche i loro comportamenti trasmettono l’immagine di due donne moderne, autonome e consapevoli della centralità femminile che hanno in comune la volontà di partecipare da protagoniste alla crescita civile, culturale e politica del mondo in cui vivono!

Bibliografia

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FRANCHETTI, Leopoldo; SONNINO, Sidney (1877): La Sicilia nel 1876. Firenze: G. Barbera.

PANARELLO, Carmela (2015): “I salotti di Firenze capitale”. Condemi, S. Firenze capitale (1865-2015) Livorno: Sillabe.

PARETO, Vilfredo (1968): “Lettere ai Peruzzi 1872-1900”, a cura di T. Giacalone-Monaco. Roma: Edizioni di storia e letteratura, 2 vol.

PESCI, Ugo (1904): Firenze capitale (1865-70), dagli appunti di un ex-cronista. Firenze: Bemporad.

RATTAZZI, Mme. Urbain (Marie de Solms) (1865): Le piége aux maris. Paris: A. Cadot.

RATTAZZI, Mme. (1866): Les mariages de la créole. Bruxelles: Lacroix, Verboeckhoven et C.ie RATTAZZI, Madame (1867a): Bicheville ou le Chemin du Paradis. Paris: Cadot et Degorce.

RATTAZZI, Mme Marie (1867b): La chanteuse. Paris: Librairie internationale.

SONNINO, Sidney (1998): Lettere di Sidney Sonnino ad Emilia Peruzzi, 1872-1878, a cura di P. Carlucci. Pisa: Scuola Normale Superiore.

TOSCANELLI PERUZZI, Emilia (1934): Vita di me, raccolta dalla nipote Angiolina Toscanelli Altoviti Avila. Firenze: Vallecchi.

— (2007): Diario (16 maggio 1854-1 novembre 1858), a cura di Elisabetta Benucci. Firenze: Società Editrice Fiorentina.

URBINATI, Nadia (1988): “Lucifero e l’acqua santa”. Giornale critico della filosofia italiana, 2.


1 Influenzato dalla lettura del Subjection of Women (La servitù delle donne) di Stuart Mill.

2 Incisione con la caricatura di Emilia Peruzzi [ Consorte ad un Ministro di pan cotto Portò costantemente il manicotto], Donne Politiche e Donne Letterate, 1860-65 Istituto per la Storia del Risorgimento italiano.

3 Nel settembre 1864 durante una manifestazione di piazza per l’annuncio del trasferimento, da Torino a Firenze, della capitale del Regno d’Italia la polizia sparò sui dimostranti provocando 55 morti ed almeno 133 feriti.

4 Il popolo fiorentino indignato chiede [O la lingua di Madame R. o morte!], mentre una popolana grida [Giuriamo di strappare il chignon a madama Rattazzi] intonando la Marsigliese. Pasquino (1856-1930). Torino-Firenze.

5 [Le chiare acque d’Arno si lasciano intorpidire da poche gocce d’inchiostro] a commento dell’immagine di donna immersa in Arno come una sirena. La chiacchiera (1860-67). Firenze.

6 Un signore dice ad una dama colpita da un libro [Anche voi siete offesa dal libello di madama Rattazzi? Vendicatevi col fare pubblicare la di lei biografia*e lei [Sgraziatamente la sua biografia è fatta e pubblicata da molto tempo: Stenterello alla Quarconia chiama Bicheville “Città del Corneto”]. Pettegolezzi fiorentini .

7 “Lettere inedite di Emilia Peruzzi alla Contessa Virginia De Cambray (luglio-ottobre 1859)” Risorgimento italiano. Torino: Bocca. Lettere ai Peruzzi 1872-1900, a cura di T. Giacalone-Monaco (Pareto 1968); Lettere di Sidney Sonnino ad Emilia Peruzzi, 1872-1878 (Sonnino 1998), a cura di P. Carlucci; Un carteggio di fine secolo: Renato Fucini-Emilia Peruzzi 1871-1899 (Fucini 2006), a cura di Claudia Lazzeri. Firenze: University Press; “Lettere di Emilio De Marchi a Emilia Peruzzi (1892-1898)” (De Marchi 2005).

8 Nel catalogo dei manoscritti della BNCF incontriamo 47 carteggi indirizzati al politico italiano e senatore Luigi Guglielmo Cambray-Digny all’ artista e mecenate Rachele Villapernice, allo scrittore e patriota Niccolò Tommaseo, a Giuseppe Protonotari , editore direttore della Nuova Antologia,a Giannina Milli scrittrice e poetessa estemporanea, al diplomatico Pietro Marchi, Giuseppe Magnetto, all’editore Felice Le Monnier, a Demetrio Finocchietti, al conte Francesco Papafava, al politico e scrittore Gino Capponi, o ricevuti da Alessandrina Bakounine, figlia del console russo e moglie di Vilfredo Pareto,Virginia Cambray Digny, Isidoro del Lungo, Raffaello Fornaciari, dall’artista inglese Thomas Franklin, dal senatoreTulio Massarani, ,da Franklin Jean Martin,dal l’architetto Giuseppe Poggi, dal poeta improvvisatore Giuseppe Regaldi, da Stefano Scovasso dallo statista Bettino Ricasoli.

9 Biglietto inviato a Carlo Pancrazi, 20/3/ 1867 intestato Maria Rattazzi, in Francese e con corona imperiale.

10 [Studholmine Marie Laetitia Bonaparte Wyse maritata in seconda nozze al Ministro di Stato Italiano Urbano Rattazzi ed in terze nozze a Luis De Rute, giornalista spagnolo, nacque a Waterford (Irlanda) nel 1830 […] Abbiamo di lei” Si j’ etais reine; Bicheville; Rattazzi et son temps; L’Espagne contemporaine].

11 Nel Catalogue général de la Bibliothèque nationale de France si trovano 16 composizioni, tra cui l’Aria malinconica : Quel cor che mi prometti, in Italiano.

12 La raccolta Bazar drammatico, le commedie L’amour à Coppet, Pour un doigt, Le muet qui parle, Le chant du cygne e Une nuit de noces. Il dramma L’aventurière des colonies del 1867, ispirato a Le mariage d’une Créole, di cui era stata proibita la pubblicazione.

13 Album di caricature (1860-65), attualmente di proprietà Gonnelli.

14 La réputation d’une femme, La Forge, Le roman d’Aline, Énigme sans clé, La belle Juive: Si j’étais reine!!, Il romanzo in versi La Chanteuse des Colonies, Louise de Kelner La fin d’une ambassadrice.

15 Mademoiselle Million, La Grand’mère.

16 Il vice presidente del Parlamento francese M.Schneider che nel romanzo diventa “ Tailleur”.

17 Pubblicato nel 1866 a Bruxelles, nel 1870 fu dato alle stampe in Francia come Le chanteuse e solo nel 1882 col suo vero titolo.

18 Catalogato al n.1582, a cura di Olivari La biblioteca di Garibaldi a Caprera

19 Sembra che l’opera alludesse alle chiacchierate nozze di Napoleone III con Eugenia di Montijo.

20 [ A Monsieur Giuseppe Garibaldi hommage respecteux de l ‘auteur Marie Rattazzi]

21 che comprendeva anche Rattazzi, Mme Urbain (Marie de Solms) (1866): Les débuts de la forgeronne. Paris: Cadot ; Rattazzi, Madame (1866): La Mexicaine. Paris: Alexandre Cadot.

22 In un abstract della Bibliothèque numérique romande a cura dell’Ass. Les Bourlapapey 14 octobre 2012 si legge [L’auteure nous décrit de même les destins divers qu’elle attribue aux protagonistes de ses romans. Cette originale nous révèle les raisons du titre de la série et, mais aussi, ses contradictions perceptibles dans ses livres comme dans sa vie qui fut agitée: trois mariages et des relations « scandaleuses…].

23 RATTAZZI, Madame (1899): La Petite Reine (Impressions et Souvenirs de Hollande). Paris: Ancienne Librairie Germer Bailliére et Cie.

24 RATTAZZI, Madame (1879): Le Portugal à vol d’oiseau. Paris : A. Degorce-Cadot,

25 DE SOLMS, Marie-Letizia (1854) Nice ancienne et moderne . Nizza: Société typographique. Rattazzi, Marie (1854): Nice. Florence : Vulcan. RATTAZZI, Madame Marie (1869): Nice la belle , Monaco. Paris : Degorce-Cadot.

26 Viesseux, G.P. 1854, ms, BNCF. Con allegato Biglietto in francese a firma Maria de Solms nata Bonaparte Wise su carta intestata M.B.S. e con corona imperiale, indirizzato a Viesseux per chiedere la istampa in Italia del libro già pubblicato a Parigi.

27 Al primo libro Fleurs d’Italie, poésies et légendes, seguirono le raccolte Les Rives de l’Arno, La Dupinade surivie des Chants de l’exilée, Le portrait de la Comtesse, Recherche de l’idéal, Boutades, Les femmes de 93.

28 Les matinées d’Aix-les-Bains (1858-61).

29 Le journal du chalet (1863).

30 Les Soirées d’Aix-les-Bains (1865).

31 RATTAZZI, Madame (1879): L’Espagne moderne. Paris: Dentu.

32 RATTAZZI, Madame (1862): Le mariage ou L’avenir du Portugal. Paris: tous les libraires.

33 RATTAZZI, Madame (1870): Florence: portraits, chronique, confidences. Paris: Degorge.

RATTAZZI, Madame Cara Patria. Echos italiens, 1873, Paris: librairie des Bibliophiles.

DE SOLMS, Marie-Letizia (1862): A.S. M. A le Roi Victor Emmanuel [ S.l.] Derossi et Dusso.

34 DE SOLMS, Marie Urbain Rattazzi (1858): “George Sand”. Les femmes célèbres du 19e siècle. Bruxelles: Meline Cans et Compagnie.

DE SOLMS, Madame Marie (1858): Manin : essai biographique . Turin : Steffenone, Camandona et C.

35 RATTAZZI, Madame (1868): Le rêve d’une ambitieuse, autobiographie. Paris: Dentu.

36 RATTAZZI, Madame (1899): Une époque. Emilio Castelar: sa vie, son œuvre, son rôle historique. Notes, impressions et souvenirs, biographie. Paris: Ancienne Librairie Germer Bailliére et Cie.

37 RATTAZZI, Madame (1881 ou 1887): Urbain Rattazzi et son temps, biographie. Paris: Dentu.

38 DE SOLMS, Marie (1857): “Madame Emile De Girardin : sa vie et ses œuvres”. Les Femmes celebres du XIX siècle. Bruxelles: Meline Cans et Compagnie, II.

39 RATTAZZI, Marie Laetitia (1899): Rattazzi e son temps 1881-1887. Paris : Dentu.

40 RATTAZZI, Marie Laetitia. Lettres de Béranger e Victor Hugo.

41 I drammi Un divorce, tradotto dal portoghese e Le grand Galeoto di Echegaray, la commedia Le cousin Basile, ed ilsaggio Une epoque : Emilio Castelar, sa vie, son oeuvre, son role historique

42 Les matinées Italiennes, 1865-70 L’editore varia in: Achille Paris.

43 Les matinées Espagnoles, 1883-1888, Madrid e Parigi.

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