Mujeres de letras: pioneras en el arte, el ensayismo y la educación
BLOQUE 4. Artistas, mujeres de teatro y espectáculo

Eterno femminino in Leonora Carrington, Leonor Fini, Kay Sage, Dorothea Tanning, Remedios Varo in relazione all’avanguardia surrealista

Alessandra Scappini

Università degli studi di Firenze (UNIFI)

Riassunto: Questo saggio affronta alcuni aspetti riguardo alla concezione della figura femminile nell’immaginario surrealista e la questione relativa alla condizione dell’essere donna per Leonora Carrington, Leonor Fini, Kay Sage, Dorothea Tanning, Remedios Varo, poiché ognuna esprime la volontà di affermazione come identità e potenziale unitario del corpo, della mente, dello spirito in un sistema che per lungo tempo non ha dato spazio alle donne ed alla loro voce.

Parole-chiave: Surrealism, Leonora Carrington, Leonor Fini, Kay Sage, Dorothea Tanning, Remedios Varo.

1. La donna surrealista

Le figure femminili sono sempre state considerate artiste, ‘compagne’, ‘amanti fedeli’, ‘amiche fraterne’, secondo il punto di vista dominante maschile degli esponenti che gravitano nell’entourage dell’avanguardia surrealista ‘guidata’ dalla personalità carismatica di André Breton che presenta il primo manifesto nel 1924 e che negli ultimi anni Trenta, quando le artiste scrittrici Leonora Carrington, Leonor Fini, Kay Sage, Dorothea Tanning, Remedios Varo approdano nella capitale francese, è impegnato a pubblicare l’Amor Fou e ad elaborare il secondo manifesto del movimento “al servizio della rivoluzione”.

Nell’immaginario surrealista la donna è concepita come musa e oggetto del desiderio, fonte di ispirazione poetica in quanto ‘soggetto’ generatore di suggestioni, immagini, stati interiori e ‘oggetto’ su cui trasferire pulsioni e passioni recondite. Come polo propulsore di energie emana un potere attrattivo, incarna l’eterno femminino nei suoi molteplici aspetti. Capace di amare è l’essere amato per eccellenza, di generare, di prendersi cura, in quanto portatrice di vita e di conoscenza, alimentatrice del desiderio che nella sua onnipotenza scardina ogni schema prestabilito, tabù, ordine consolidato o sistema di convenzioni. I surrealisti la esaltano come donna angelo, donna fiore, frutto, bambina in relazione alla prospettiva di innocentizzazione1, portatrice di salvezza in poesia e donna fatale diabolica in pittura2, secondo una duplice immagine che risente del retaggio simbolista ottocentesco, mentre non accolgono il suo ruolo materno, sia per l’esigenza di opporsi al tipico modello della famiglia borghese, sia per la predilezione dell’onnipotenza del desiderio come liberazione delle pulsioni, per cui la donna diventa per loro propriamente l’emblema dell’erotismo. Scrive Jack J. Spector criticando la loro posizione: “Women as a subject appeared only as an adjunct of the Surrealist men’s own needs and desires: the Surrealists pursued the mistress but ignored the mother. Their wide – ranging images of the woman in poetry and art hardly included maternity […] even when they explored ancient myths” (Spector 1997: 166). In ogni caso Breton non concepisce neppure la figura oppositiva della prostituta, in quanto la ‘libertà del desiderio’ viene compromessa dallo stretto rapporto con la produzione e il commercio, anche se, in verità, sembra contraddirsi quando propone il modello di Nadja, una donna da lui conosciuta che diventa la protagonista di uno dei suoi romanzi autobiografici pubblicato nel 19283. Come streetwalking, che riceve denaro in cambio di incontri di breve durata con ‘amici’, convulsa tra bene e male, è uno spirito libero che elude ogni legame o classificazione sociale e che potrebbe comportare, nella disillusione generale nei confronti del clima politico e dei mutamenti sociali, una rivoluzione futura; in lei sembra confluire e attenuarsi ogni opposizione e dualismo, retaggio di una concezione che disconosce l’alterità e la differenza come crescita e confronto, come riconoscimento della diversità, e impostata invece su distinzioni gerarchiche e scissioni che considerano la donna asservita e suddita. Nella Lettera alle veggenti scritta tre anni prima4, il fondatore del surrealismo affida alla donna il compito di aprire la via alla conoscenza superiore per la scoperta della pietra filosofale come la Pizia e la Sibilla cumana rispetto ai modelli maschili di Orfeo e Tiresia. Stato di tranche, enigma, parola profetica, follia5 sono propri della veggente che intraprende il cammino nell’irrazionale attraverso il deragliamento di tutti i sensi rispetto alle capacità logiche, attribuite per tradizione all’essere maschile per giungere alla piena consapevolezza di sé e del mondo, per abbandonarsi all’inconscio, agli stati deliranti, all’onirismo, oltre i confini del possibile. Il dato biologico permette, in verità, di aprirsi all’ulteriore anziché confinare la donna nell’isteria senza via d’uscita6. La perfezione e la saggezza sono raggiungibili solo tramite l’unità corpo e mente con il terzo elemento della triade alchemica, l’anima o spirito, poiché solo la completezza permette la conoscenza e l’elevazione suprema. L’amore come energia pan erotica alimentatrice del desiderio di libertà assoluta e distacco da ogni vincolo, che assorbe tutto l’essere e permette la fusione tra elemento maschile e femminile nel Rebis alchemico, è altresì potenza trasformatrice e chi lo prova partecipa all’itinerario iniziatico come adepto impegnato nel percorso di vita. Soror mystica e adeptus diventano co - attori del processo di trasmutazione proprio attraverso la potenza del desiderio, come coinvolgimento erotico che mantiene vivo il fuoco luce - conoscenza7.

Nel surrealismo – scrive André Breton – la donna sarà amata e celebrata come la grande promessa, quella che rimane dopo essere stata mantenuta. […]. L’amore carnale e l’amore spirituale sono una sola cosa. L’attrazione reciproca deve essere abbastanza forte da realizzare, attraverso una complementarità assoluta, l’unità integrale, ad un tempo organica e psichica. E’ effettivamente in gioco, qui più che altrove, in primo luogo, la necessità della ricostituzione dell’Androgino primordiale su cui tutte le tradizioni ci intrattengono e la sua incarnazione, sovranamente desiderabile e tangibile, attraverso di noi (Breton [1953], Breton 1962; 1966: 359-360).

Conoscersi, dunque, e conoscere l’altro da sé, oltrepassando ogni limite, affinché il riconoscimento della differenza diventi motivo d’indagine per completarsi, per cambiare, per rinnovare la vita e trasformare il mondo, come osservava Breton nel manifesto del 1924 riferendosi rispettivamente a Rimbaud e Marx, diventando veggenti: “Dico che bisogna essere veggenti, farsi veggenti: per noi si tratta soltanto di scoprire i mezzi per mettere in pratica questa parola d’ordine di Rimbaud” (Breton [1935], Breton [1962] 1966: 328)8.

2. Donne artiste – scrittrici nell’entourage dell’avanguardia. Quale portato ?

Potremmo chiederci quali suggestioni possono aver tratto dall’ideale di donna concepito dai surrealisti le artiste e letterate come Leonora Carrington, Leonor Fini, Kay Sage, Dorothea Tanning, Remedios Varo che svolgendo la propria ricerca si approssimavano ai versanti dell’avanguardia gravitando nella temperie artistico culturale quasi al termine degli anni Trenta, a distanza di oltre dieci anni dalla sua incubazione e dalla sua nascita come movimento propulsivo che convogliava numerosi artisti in ambito internazionale, in verità, “ancora tutto al maschile”9. Sicuramente hanno riesaminato il modello bretoniano e hanno risentito della sua fascinazione, indagandone gli aspetti ma per esprimere nei loro esiti creativi in ogni caso una reazione all’ideale della donna musa, oggetto del desiderio e infante10, poiché hanno preferito rivestire un proprio ruolo e agire con estrema indipendenza, pur manifestando possibili confluenze, al di là delle caratteristiche proprie della femme, nei riguardi della concezione del desiderio come follia amorosa e energia sovversiva capace di abbattere ogni criterio o stereotipo come cliché precostituito. Potremmo domandarci inoltre quali apporti hanno garantito attraverso le loro creazioni e concezioni all’entourage del movimento votato, secondo uno spirito rivoluzionario che è sempre proprio di una componente giovanilistica, a trasformarsi e rinnovare, sull’impronta dell’atteggiamento rimbaudiano rispetto all’esistenza, dell’emersione dell’inconscio freudiano che esplode nell’uniformità della logica omologante, del pensiero marxiano in merito all’homo economicus che, purtroppo, appare limitante nei confronti della libertà totale, desiderata quanto idealizzata dal gruppo surrealista, tanto da permanere come utopia. Non riconoscendosi completamente negli assunti del surrealismo e rinunciando a qualsivoglia classificazione, Leonora, Leonor, Kay, Dorothea, Remedios, sono uscite dall’ombra quando il movimento si ‘trasferisce’ nel contesto americano all’indomani dello scoppio del secondo conflitto mondiale, approdando a nuovi svolgimenti e implicazioni relative al contesto ambientale e non solo storico – culturale in cui vivono in ‘esilio’ volontario e lavorano a petto di situazioni, di eventi che possono ‘trasformare’ la vita, anche se tale esigenza spesso rimane solo un ideale. Commenta Paola Decina Lombardi:

Nel periodo americano, mentre le vediamo sorridere per la prima volta anche nelle foto ufficiali del gruppo, le loro opere che compaiono quasi in sordina nelle collettive, fanno scalpore, grazie alle due mostre di Peggy tutte al femminile. Sono eccellenti, migliori dei maschi – scrive il critico del New York Sun - perché sono ancora più isteriche dei maschi. In effetti, le loro opere spiazzano (Decina Lombardi 2007: 387).

Non è un caso che alcune partecipano alla mostra Women 31 organizzata a New York nel 1943 da Peggy Guggenheim11, figura determinante per la valorizzazione dell’arte d’avanguardia, sul piano dell’involvement artistico culturale e, nel 1945, a una seconda mostra The Women, anche se già nel 1936 talune di loro compaiono nella esposizione Fantastic Art, Dada, Surrealism al Moma. Se Leonora e Remedios scelgono Città del Messico per continuare la loro sperimentazione artistica, migrando tra il 1941 e il 1942 dall’Europa, l’una in compagnia di Renato Leduc, sposato per convenienza12, l’altra di Benjamin Péret, ricercato per la sua militanza a favore del fronte repubblicano durante la Guerra civile spagnola, Leonor preferisce Parigi ma espone negli Stati Uniti, Dorothea si trasferisce a Sedona nell’Arizona continuando la sua storia con Max Ernst iniziata proprio in concomitanza alla mostra Women 31, Kay costituisce con Yves Tanguy la sua residenza – museo a Woodbury nel Connecticut13. Il loro apporto si distingue anche in concomitanza al consolidarsi negli Stati Uniti del Woman Liberation Movement ed al moltiplicarsi di iniziative mirate all’emancipazione femminile per cui confermano la loro indipendenza dalle figure maschili rispetto alle infaticabili ‘collaboratrici’ degli anni Venti. Accolgono soprattutto l’immagine polisemica e riconciliante della fata, della grande madre, scaturigine della vita e simbolo del ritorno alle origini, donna ovale, prossima ad aprire le labbra del proprio ventre generatore del desiderio, donna luna, femme nature capace di mediare il rapporto dell’uomo con il mondo, figure paradigmatiche in cui confluiscono più significati simbolici e analogici e che, rispetto alla donna drago, virago, vagina dentata o mantide religiosa, compaiono e sfilano nelle creazioni di ognuna, anche se nell’opera di Kay quasi non appaiono presenze femminili, nonostante sia oltremodo un esempio emblematico del suo processo di costruzione interiore. Il potere seduttivo e sovversivo dell’Eros, la potenzialità dello sguardo innocente e magico, la capacità protettiva materna, l’onnipotenza del desiderio che comporta la trasmutazione per l’unità degli opposti e la predilezione per il meraviglioso si incarna nelle molteplici facce che nelle loro creazioni coincidono con la miriade dei frammenti di uno specchio, come proiezioni di sé, infiniti alter ego di donne protagoniste di ‘vite parallele’ rispetto al movimento.

3. Paradigmi e simbologie femminili delle ‘artiste della rivolta’

Leonor, Leonora, Remedios, come Dorothea e Kay nel loro itinerario creativo si riscoprono ognuna come soror mystica e persona alla ricerca di sé, mirando a quella totalità che André Breton riconosce nell’Androgino primordiale riconducendosi all’”Alchimia del verbo”14. Sacerdotessa capace di rivelazioni oracolari, guardiana e protettrice come deità maestosa, l’essere femminile popola l’universo immaginario di tali artiste scrittrici. Lo stretto rapporto con la natura che emerge specialmente nelle opere di Leonora, Leonor e Dorothea come dialogo, confronto e metamorfosi tra mondo animale e umano, rinvia infatti al culto della dea madre, proprio delle antiche civiltà del Mediterraneo15, ed è sollecitato dal desiderio inconscio di recuperare un ambiente primigenio in cui poter vivere e nutrirsi dell’ humus di una terra inesplorata per ritrovare se stessi. La loro predilezione della natura, del mondo animale come riscoperta dell’istintualità, dell’aurora della vita, quindi delle origini, dei sensi e delle percezioni emozionali, come immersione totale, appartenenza e generazione, potrebbe derivare dall’influenza surrealista, ma, in verità, dipende dal proprio modo di sentire, da una singolare componente femminile che permette primariamente di riferirsi ad un mondo archetipico16. Si riconoscono nella natura naturans come energia primordiale rispetto ai crismi della società che per loro coincide fin dall’infanzia e dall’adolescenza con la comunità più ristretta, l’ambiente familiare in cui hanno vissuto ansie, incertezze, conflitti, sottostando talora a obblighi da cui fin dall’inizio hanno tentato di sottrarsi per spirito di ribellione nel desiderio di liberarsi dai condizionamenti tradizionali. In tal senso si sono distinte come ‘artiste della rivolta’, anche se tutta interiore, ma che si manifesta chiaramente per contrasto e reazione talora come gusto per la provocazione e l’eversione, atteggiamenti che, ancora una volta, possono conciliarsi con la prassi rivoluzionaria surrealista, in termini di ‘inaccettazione, trasgressione, sovversione’. Nell’universo di immagini fantasmatiche e enigmatiche spesso androgine di Leonor Fini, conosciuta come ‘diva negromantica’, ‘chiaroveggente per eccellenza’, icona della trasgressione, trapela uno sguardo voyeuristico di compiacimento, pan erotico e ammiccante, che invita alla divergenza come ‘gusto per la diversità’. Adoratrice della bellezza come appare nelle opere pittoriche La vita ideale (1950) o La guardiana delle fonti (1967), Dama ovale (1956) o La pastorella delle sfingi (1941), assume una fisionomia ogni volta diversa in cui specchiarsi attraverso il travestimento e secondo gli stati d’animo del momento vissuto, quasi a ribadire a se stessa la necessità di vedersi, di scoprirsi nei rivoli più profondi per cogliere i turbamenti, le inquietudini, le ansie soffuse al di sotto di una mantiglia preziosa o di un eccentrico cappello, della perfezione anatomica o della pelle vellutata di una nudità giovanile. Nel territorio liminale del meraviglioso, spazio di frontiera aperta, Leonora Carrington sembra concentrarsi sulla riaffermazione del ruolo, aspirando alla fusione degli opposti propria del processo alchemico, alla totalità dell’io attraverso una rivoluzione di se stessa come essere dinamico, fluido, ibrido. Nello spirito della mimicry irigarayana17, nella sua produzione letteraria, come scrive Tiziana Agnati, riproduce, per sovvertirlo, il discorso della ‘cultura dominante’ del gruppo surrealista, per cui la figura della musa statuaria o della femme – enfant si trasforma provocatoriamente in una creatura inquietante di connotati incerti e dall’identità biologica e sessuale indefinita18, con il volto sconcertante della istintualità, della terribilità della natura bestiale come l’immagine totemica della iena divoratrice nel racconto La débutante (1939) o protettrice nel dipinto Selfportrait (1937-1938) in cui compare insieme al cavallo emblema ossessivo della libertà. Le immagini di adolescenti visionarie e silenziose in stato di attesa, dipinte tra porte semiaperte di labirinti domestici da Dorothea Tanning prima del suo incontro con gli esponenti dell’avanguardia19, sono alter ego di se stessa, immerse misteriosamente nelle loro fantasie erotiche. La loro curiosità, come potenza pan erotica dello sguardo nel passaggio dalla pubertà all’adolescenza, al culmine dell’irrompere del desiderio, invita alla perdita dell’innocenza e desta inquietudine, come in Children’s Games (1942)20, in cui si intravedono orifizi che possono aprirsi alla libido o all’origine della vita. Parlano attraverso il corpo, esprimono come presenze ossessionali il loro potenziale determinando un punto di frizione con la “legge del padre”, autoritarista e patriarcale21, raggiungono lo stato di estasi pura in Musical Chairs (1951) o in Palaestra (1947), intocche da ogni esperienza fisica, esplorando in se stesse le tensioni più profonde e i desideri più reconditi, partecipi di una gioia spirituale non fallica, testimoniando nella loro inquietudine il loro potere creativo femminile. La donna può trasformare il mondo, le sono attribuite le potenzialità per alimentare il cambiamento, le è affidato il compito arduo di rinnovare la vita, facendo tesoro delle proprie emozioni e della propria mente creatrice. Questo è il portato che trapela dalla mente ordinatrice di Remedios Varo, il cui itinerario è similmente a Leonora un viaggio al femminile concepito come percorso di maturazione, crescita, mutamento che coincide con il processo alchemico, per cui dalla situazione reale spazia nell’immaginario per modificare la prospettiva quotidiana della donna impegnata, secondo un’immagine stereotipata, a tessere e ricamare, come in Bordando el manto terrestre (Embroidering Earth’s Mantle) (1961) in cui presta il lavoro manuale per ordire un disegno superiore22, come vestale che alimenta il fuoco sacro, o in Tejedora roja (The Red Weaver) (1956) e in La tejedora de Verona (The Weaver of Verona), in cui dà origine dal proprio lavoro a maglia ad una silhouette femminile in rosso, colore simbolico del fuoco alchemico, prossima alla fuga attraverso una finestra per intraprendere l’avventura. La vita ordinaria diventa rivelatoria e ogni oggetto o elemento reale si metamorfizza e acquisisce un significato simbolico e metaforico in uno scenario magico. Anche Kay Sage procede secondo un desiderio di costruzione che rispecchia una volontà di procedere nella conoscenza di se stessi e del mondo per acquisire consapevolezza e migliorarsi attraverso un’energia costruttiva che trapela nelle sue opere interpretate da Breton, dopo averle viste per la prima volta al Salon des Surindépendants nel 1938, come realizzazioni di impronta maschile. Nella sua pittura visionaria gli oggetti presenti del soggetto assente abbandonati a se stessi, panneggi e teleri, impalcature metalliche e lignee, diventano autentiche scaffolding per la costruzione dell’io, come torri simboliche, obelischi totem che si ergono nelle radure deserte da Monolith (1942), A Finger on the Drum (1940), a Lost Record (1940), At the Appointed Time (1942), nel silenzio e nell’assenza, nell’immobilità del tempo e dello spazio inabitato, fantasmatico, come un ambiente dopo una tempesta o desolato da day after. Liberarsi, fuoriuscire significa cambiare, rinnovarsi, tentare un percorso di autoconsapevolezza e di emancipazione della condizione femminile.

4. Per un’ipotesi femminista

L’indagine critica femminista a suo tempo ha sottolineato l’‘attitudine patriarcale’23 dei surrealisti, che non pensarono a collegare la contestazione proletaria all’emancipazione femminile, rimanendo quasi esclusivamente un ‘gruppo maschile’ anche se, come sottolinea Robert Short,“No comparable movement outside specifically feminist organizations has had such a high proportion of active women participants (Short 1980: 59)24. Piuttosto radicale appare l’affermazione di Penelope Rosemont quando introduce le tematiche del suo libro dedicato alle Surrealist women:

Unlike most twentieth – century cultural and political currents, the Surrealist Movement has always opposed overt as well as de facto segregation along social, ethnic, or gender lines. From the very first issue of La Revolution Surréaliste, movement publications have featured writings by women alongside those of their male comrades (Rosemont, 1998: XXIX - XXXII)25.

L’esigenza di rivolta per le artiste – scrittrici menzionate in questo saggio non concorda certamente con l’intenzione politica, anzi mira alla rivalutazione dell’essere femminile prima di tutto come persona nella sua integrità, attraverso un rinnovamento totale che per i surrealisti poteva derivare solo dalla “condanna della società di classe, dello stato, dell’economia, della chiesa, della cultura, in una parola la civiltà borghese” (Fé 1980: 15), così da conferire valore alla diversità e alle differenze scardinando ogni schema precostituito, ogni convenzionalismo sociale e tabù sessuale. Se è vero che Leonor Fini non indugia verso caratterizzazioni e riferimenti di matrice o natura femminista, come sottolinea Constantin Jelenski26, per valorizzare il ruolo femminile rispetto a quello maschile, aspira comunque al recupero di una società matriarcale in cui la donna, come nelle antiche civiltà dell’area mediterranea, assume il ruolo di madre, genitrice, ma anche protettrice e organizzatrice della comunità, dedita in relazione alle sue potenzialità naturali, ad una serie di compiti utili per la sua crescita e il suo sviluppo Percorrendo il sentiero dell’esistenza Dorothea Tanning preferisce essere considerata ‘come persona’ e quando scrive una lettera agli editori di Surrealism and Women27 reclama la sua posizione di essere umano definendosi artista piuttosto che ‘donna artista’28 per i suoi scritti letterari e e visual works. Critica altresì l’approccio di connotazione separatista di un’arte tipicamente femminile che potrebbe distinguersi nell’ambito dell’avanguardia29, nei cui confronti prende le distanze affermando ironicamente riguardo ai suoi esponenti che, al di là delle loro abitudini sessuali, non li aveva mai sentiti parlare di diritti di uomini e donne, benché ne La revolution surréaliste nel 1924 si proclamasse la necessità di arrivare a una nuova dichiarazione dei diritti dell’uomo. Alla domanda What’s a woman Leonora Carrington risponde in un articolo pubblicato in Messico nel 1970 (Rosemont 1998: 372) in maniera piuttosto scettica e ironica interrogandosi sulla propria identità per ricondursi alle origini animali e istintuali dell’essere umano ponendo in crisi il razionalismo cartesiano per lei estremamente riduttivo. Manifesta un potere della volontà ed un’esigenza di libertà che le comportano di partecipare, nel periodo della contestazione del Sessantotto e dei primi anni Settanta quando, dopo l’esperienza in Chiapas ritorna nel Messico, alla nascita del movimento femminista per il riconoscimento dei diritti, assumendo responsabilità e diventando attivista. Elabora, infatti, nel 1972 Mujeres Conciencia, un poster dimostrativo a favore della liberazione delle donne, in cui compaiono emblemi come l’uovo e il serpente per la nascita di un essere doppio che riunisce corpo e anima nella figura di Eva nel passaggio dalla nigredo all’albedo30. In verità la sua militanza deriva essenzialmente dalla transizione da una presa di coscienza individuale ad una prettamente politica e collettiva, da una rivoluzione di dimensione privata, come sottolinea Withney Chadwick (Chadwick 1986: 37), dettata da un’esigenza di cambiamento e rifiuto del sistema. Una tappa importante per la sua feminist consciousness è la relazione emozionale e spirituale che instaura con Remedios quando come ‘esiliate’ vivono in Messico alimentandosi di nuove energie per la stagione più prolifica della loro ricerca artistica31. Ambedue nelle loro opere trasformano alcuni eroi mitici per tradizione maschili, in deità e forme femminili, come il Minotauro, quale fusione tra istintualità animale e pensiero umano, in El minotauro (1959) o Temple of the Word (1954) di Leonora, rispetto all’eroina che assume le sembianze della mitica Arianna capace di resistere solo attraverso il possesso di due mondi, animale e umano, istintuale e mentale, corporeo e spirituale, come in And Then We Saw The Daughter of the Minotaur (1953). Diventa la Cazadora de las estrellas (1956) per Remedios, che si alimenta di energie cosmiche per assumere un potere superiore mentre trattiene la luna imprigionata in una gabbia per impossessarsene o per nutrirla come un ucccellino come in Pábulo celeste/ Celestial Pablum (1958), utilizzando la polvere di stelle. Conoscenza, energia creativa sono espressioni cui attingono le nostre artiste – letterate per attribuire un senso alla propria esistenza. Anche Kay rispecchia una volontà di procedere nella conoscenza di se stessi e del mondo per acquisire consapevolezza e migliorarsi. In verità le sue ‘strutture’ in costruzione isolate nell’immensità dello spazio e non finite, diventano totemiche dal momento in cui in esse si proietta il suo desiderio di costruire il proprio essere quasi con ossessiva inquietudine, la necessità di resistere, di elevarsi, di rafforzarsi, come alter ego anche nel momento in cui questa possibilità sembra difficile a realizzarsi, con il rischio di abbandonarsi a se stessi. L’introspezione psicologica diventa impegno quotidiano per avanzare nella propria edificazione come emerge in Interim (1949), una delle elaborazioni più emblematiche, e si manifesta specialmente dalla metà degli anni Quaranta, dieci anni dopo il suo approdo al surrealismo32 che ricorda nella sua opera autobiografica China Eggs come unica scelta meritevole, anche se spesso non era riconosciuta come artista33 come se vivesse nell’ombra34.

5. Conclusioni

Sicuramente come per le personalità che in modalità diverse si sono avvicinate all’avanguardia per allontanarsene, per Leonor, Leonora, Remedios, Kay, Dorothea il Surrealismo ha agito contemporaneamente da forza centripeta attraente e centrifuga distanziante. Il loro stretto rapporto tra arte e vita ha permesso l’originarsi del lavoro creativo in quanto che le esperienze del vissuto hanno direttamente influenzato la loro sperimentazione artistica, L’una diventa verifica dell’altra in base ad un’ipotesi, potremmo dire, al femminile, nell’atto di rivelare una forza energetica solitamente attribuita all’essere maschile, mentre in verità è propria di ognuna di loro, come potenziale dinamico nel connubio tra mente e corpo, tra razionalità e fisicità, tra emozionalità e percezione, così da condensarsi nelle opere tanto da originare nell’espressione interiore dell’immaginario ulteriori energie che si alimentano in un continuum, testimoniando il valore della persona, al di là di fantasie pure che scattano dall’automatismo psichico e dall’inconscio e di ogni distinzione di genere. Il loro desiderio consiste nell’approdare attraverso l’integrità mente e corpo, che purtroppo sono sempre stati considerati distinti, come sottolinea Sigfried Giedion (Giedion, [1941], 1953; [1948], 1967) ad un rinnovamento di sé, attraverso il cambiamento, passo dopo passo, senza inutili sforzi, ognuno cadenzato per giungere a edificare se stesse camminando fino alla sommità di una ‘torre’ che coincide con la scoperta della verità, come processo continuo, da ripercorrere ogni volta, senza assolute certezze.

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1 Femme – fleur, femme – fruit e femme – enfant ma anche femme fatale, fée et sorcière: che sia rappresentata come fiore, frutto, bambina, come fata, donna fatale o strega, la figura femminile domina, ambiguamente e contraddittoriamente l’immaginario dei surrealisti” (Decina Lombardi 2008: V).

2 Donna buona e amata, distinta nella sua funzione salvifica e donna piovra e mantide capace di irretire e annullare il maschio, come spiega nella sua analisi Xavière Gauthier (Gauthier 1973: 141).

3 “La bellezza sarà convulsiva o non sarà - sono le ultime parole di Nadja (Breton [1928] 2007) similmente all’enunciazione al termine del primo capitolo de L’amour fou: La bellezza convulsa sarà erotico – velata, esplodente – fissa, magico – circostanziale o non sarà - scrive Breton nel 1937 nel romanzo che diventa la continuazione ideale di Nadja. Caratterizzato da una sorta di virtù magica associata soprattutto all’amore e all’erotismo, l’incontro del ‘caso’ è per Breton capace di sprigionare un’energia che rende ‘convulsa’ la bellezza, provocando la scintilla tra mondo esterno e mondo interno.

4Faranno irruzione nelle nostre case alla vigilia della catastrofe felice. – scrive André Breton nella Lettera alle veggenti del 1925 - Non ci abbandonate: vi riconosceremo nella folla dai vostri capelli sciolti. Dateci delle pietre brillanti“. Sacerdotesse, indovine, assimilabili alle streghe, sembrano quasi loro degenerazioni, secondo il risvolto diabolico e grottesco alimentato dalla tradizione medioevale, impegnate nella ricerca della verità. Ricordiamo di Arthur Rimbaud la Lettera del veggente (Lettre du voyant) del 1871.

5 La follia femminile è collegata spesso dalla tradizione con l’isteria. Al di là della nosografia psichiatrica che non comprende la sindrome isterica identificabile nella maggior parte dei casi con la dimensione del femminile, fin dall’antichità è stata ricondotta alla natura del genere, al dato biologico dell’essere donna come madre generatrice, protettrice ed al tempo stesso oggetto da possedere e da proteggere.

6 Attraverso la vista è capace di cogliere verità imperscrutabili, ma può anche ferire, irretire, ammaliare se lo sguardo è assimilabile alla figura di Eva peccatrice. Penalizzata proprio per lo sguardo che diventa, in verità, terzo occhio, quello della Sapienza, la donna riscopre se stessa, valorizzando il corpo in congiunzione con la mente, nell’intraprendere il percorso di conoscenza tra virtù e vizio, purezza e peccato, irrazionale e razionale che si vanificano nella fusione completa, nella totalità in cui materialità e trascendenza, animalità e spiritualità, sensitività ed emozionalità, corpo e anima/ spirito sono indistinguibili nella pienezza amorosa.

7 L’amore elettivo e reciproco come stato di grazia, dettato da un’attitudine mistica, l’amore come illuminazione nell’unità alchemica degli opposti come indistinto, permette dunque la libertà e la conoscenza. La dualità viene concepita dalla cultura del mondo occidentale in seguito alla nascita della scienza, ma, in verità, l’ essere è unità integrale organica e psichica, per cui anche il corpo concorre alla rigenerazione e il fuoco d’amore è assimilabile alla luce che invita ad elevarsi verso il trascendente. Il rapporto si stabilisce tra donna - amore e luce - conoscenza.

8 L’unica soluzione per cambiare la vita e rinnovare il mondo è l’oggettivazione del desiderio, l’amore folle senza limiti e unico come sintesi cosmica, ‘porta stretta’ da cui si possono scoprire nuovi orizzonti filosofici, vera ‘forza rivoluzionaria’ al di là della vita e della morte.

9 In verità personalità femminili non compaiono tra i firmatari dei manifesti dell’avanguardia surrealista, neppure nei testi saggio di chiarificazione e commento sulla poetica del gruppo che gradualmente, dagli anni venti ai quaranta trova nuovi accoliti, tantomeno nell’indagine storico – critica orientata a tracciarne gli intenti programmatici, i versanti di ricerca, i nuclei di indagine a petto del contesto sociopolitico, così da dedurre che sia stata privilegiata la ‘linea maschile’ dei fautori e dei seguaci, o addirittura ‘patriarcale’ al culmine della quale André Breton si distingue come capo e artefice.

10 “Una donna è esposta al desiderio degli uomini in rapporto alle sue attrattive. A meno che non sfugga, per un partito preso di castità, il problema consiste nel sapere a che prezzo, in quali condizioni, la donna cederà. Ma sempre, una volta rispettate le condizioni, la donna si dà come un oggetto” (Bataille 1967: 144). Potremmo chiederci: corpo come oggetto a funzionamento simbolico tipico della ricerca surrealista?

11 Incontra Max Ernst dopo la relazione di quest’ultimo con Leonora Carrington e lo sposa trasferendosi con lui negli Stati Uniti. A New York apre una galleria Art of This Century in cui espongono i maggiori artisti internazionali e si dedica al collezionismo. Uno spunto interessante per la discussione sui ruoli può riguardare la figura di Max artista sciamano e compagno in tempi diversi di Leonora, di Peggy, di Dorothea e, per una brevissima relazione, di Leonor.

12 In seguito alla prigionia di Max Ernst Leonora cade nello smarrimento totale e riuscirà a risolvere solo dopo l’internamento in un istituto a Santander. Per evitare di sottoporsi ad altre cure trasferendosi in South Africa secondo le decisioni paterne, prima di imbarcarsi a Lisbona riesce a raggiungere l’ambasciata messicana e chiedendo aiuto a Renato Leduc, poeta e scrittore di origine messicana conosciuto in precedenza, si sposerà con lui e partirà per il Messico (Aberth 2010: 51).

13 “Diventeranno grandi artiste come Kay Sage, Dorothea Tanning, Lee Miller, Remedios Varo e Leonora Carrington che ha mosso i suoi primi passi a Parigi accanto a Ernst. Prepareranno il terreno a un’apertura del gruppo che si riforma a Parigi dopo il ritorno di Breton, nel 1946. […]. Dorothea Tanning, […] a metà degli anni Quaranta aveva notato ‘con una certa costernazione’ come per i surrealisti la donna avesse ‘un ruolo non diverso da quello che occupava nella popolazione in generale, compresa la borghesia” (Decina Lombardi 2008: XVII).

14 Nel secondo manifesto del surrealismo nel 1929 André Breton parla di “Alchimia del verbo”, di occultamento profondo invitando gli esponenti dell’avanguardia ad orientarsi verso l’alchimia e l’esoterismo.

15 “Per appropriarsi della propria identità, la donna surrealista non intende affatto accontentarsi di essere il legame più diretto con la madre - natura primigenia rinunciando così alla cultura, deve piuttosto ripercorrere la strada fino al Matriarcato e al culto della Grande Dea, fino ad arrivare ad uno stadio pre – umano dove può assaporare quella familiare e originale ‘confusione tra mondo umano e animale” (Colvile 1993: 61, Ingarao 2014: 49). E’ un atteggiamento proprio di ognuna delle artiste che gravitano nell’entourage dell’avanguardia.

16 “The Surrealists often inadvertently associated the magical qualities they found in Woman with the Primitive, which could serve a magical function for the Surrealists, offering perhaps an exorcism comparable to Picasso’s experience at the Trocadéro early in the century […]. And the exaltation of convulsive beauty in women parallels the praise of tribal fetishes at the expense of canonical Western “masterpieces” (Spector 1997: 177).

17 Il riferimento a Luce Irigaray, figura conosciuta come precorritrice e fautrice del riconoscimento della diversità femminile nell’uguaglianza sociale, risulta appropriato. “Oggetto privilegiato dello sguardo dell’autrice rimane quindi, come nel surrealismo al maschile, il corpo della donna. Ma se in esso lo sguardo dei surrealisti riconosce un significante vuoto su cui proiettare una pletora di significati che incarnano il desiderio del maschile, in Leonora Carrington lo sguardo scivola sul corpo per dirigersi all’interno, in un percorso introspettivo volto a rivelare un sé più autentico” (Agnati 2003: 15-18).

18 “L’idea di allucinazione fisiologica è suggerita da immagini che hanno una presa diretta sulla realtà del corpo. Nel sovvertimento onirico, per esempio, il corpo può venire rovesciato come un guanto, in un processo che potremmo chiamare di interiorizzazione. […]. La prospettiva onirica può inoltre invertire le coordinate usuali dell’esperienza corporea, fino a capovolgere i termini consueti di attrazione e repulsione. In Leonora Carrington immagini e fogge ibride, animalesche, mostruose o cruente non solo non suscitano orrore, ma si caricano di una forte connotazione erotica” (Agnati 2003: 54).

19 L’immagine della donna – infante non deriva, come suggestione, dalla poetica bretoniana, poiché appare nella pittura della Tanning in antecedenza rispetto al suo incontro con i Surrealisti, come affermano Jean Bailly e Robert Morgan nei loro studi. Infatti è possibile verificare che nel 1937 realizzava illustrazioni per The Coast, una rivista che proponeva bambine come protagoniste.

20 “I read somewhere that what I believed to be poetic and sublime testimonials of my conviction that life is a desperate confrontation with unknown forces are in reality cute girlish dreams, flaring with sexual symbols” (Tanning, cit., Jouffroy 1974: 48).

21 Dorothea nomina anche Lacan, oltre a parlare di Duchamp nel suo libro : “Marcel, sly and enigmatic with Lacan, both of them like heads of state avoiding collision under the watchful eye of Robert Lebel, chronicler of great thoughts” (Tanning 2001: 218).

22 “Para Remedios el viaje reflejará un continuo tiempo transcurrido, un desplazamiento a la vez exterior e interior en busca de la sabiduría y la realización spiritual. […]. Remedios Varo presenta la mujer como activa participante del secreto de la mision de la vida humana” (Rosa 1999: 271).

23 The attitude of the Surrealists toward women in large misure reflected the viewpoint of a patriarchal society, for these male writers and artists, women could serve as instruments of the imagination or of pleasure, but could not easily transgress these bounds and make independent contributions, and one must reject recent claims that Surrealists were not antifeminist” (Spector 1997: 162).

24 “Si dice che il Surrealismo non sia stato particolarmente incline al femminismo. Per – i suoi esponenti - le donne non erano sicuramente le amazzoni bellicose dipinte dai futuristi, ma piuttosto, secondo la formula di Baudelaire, esseri che proiettavano sulla vita “l’ombra più grande e la più grande luce”, o esseri come il mago evocato da Breton in Arcane 17 (1946) e come – le figure femminili di Gustave Moreau, pittore simbolista i cui dipinti avevano incantato l’adolescenza dello stesso Breton” (Passeron 2002).

25 P. Rosemont include nel suo libro “all the women […] have been co – thinkers and co – dreamers in surrealism’s revolutionary project”e aggiunge: “Of the more than three hundred women who have participated in the Surrealist Movement, writers have been a minority […]. Altough the contributions of women have been acknowledged and in some cases celebrated within the movement itself, they are hardly known outside it”. Sottolinea che sono stati considerati maggiormente gli esiti pittorici, mentre i contributi femminili sono stati per la maggior parte letterari. Inoltre scrive: “My aim here has not been to separate the sexes or to exclude men, but rather to include more women - rispetto ad altre antologie così da permettere – to speak in their own voices” (Rosemont, 1998: XXIX - XXXII).

26 “La società immaginaria creata dalla Fini è dichiaratamente matriarcale, nella misura in cui essa ricrea l’organizzazione spirituale delle società primitive di natura, appunto, matriarcale. Tuttavia, questo non vuole essere segno di un’ipotetica superiorità femminile, bensì dell’appartenenza naturale a una cultura antichissima” (Jelenski, cit. Godard 1999: 31).

27 Tanning, D., Statement made, 3 dicembre 1989 (Caws, Kuenzli, Raaberg 1991: 228).

28 Regardless of her own intention and position, Tanning’s works. I believe, evidence a woman’s voice” (Kang 2002: 89 – 104).

29 Nel suo libro autobiografico Between lives (2001) Dorothea Tanning riflette proprio sull’essere donna, di cui ammette con ironia la doppiezza e l’ambiguità in senso positivo, come ruolo agonico, sentendosi lei stessa uomo oltre che donna e critica/sottolinea gli aspetti fallimentari del Surrealismo di seconda generazione.

30 Nel 1975 inoltre è presente come altre artiste, quali Frida Kahlo, Alice Rahon, Olga Costa, Lilia Carrillo, Cordelia Urueta, Remedios Varo alla mostra La mujer como creadora y tema del arte presso il Museo de Arte moderno di Città del Messico nell’intento di rivendicare il rilievo del ruolo femminile di fronte al potere dominante maschile.

31 “La condizione della donna in Messico è cambiata radicalmente rispetto a quando sono arrivata – spiega Leonora – la situazione è decisamente evoluta: oggi le donne sono molto più presenti nella società. Io credo che gli esseri umani si lascino dominare da chi ha più potere: denaro, forza, armi, e storicamente l’uomo è sempre stato più potente della donna” più vulnerabile e occupata in una funzione di cura, tanto da concludere: “Così gli uomini nei secoli hanno fruttato la loro posizione di forza” (Carrington 2004, Sileo 2007: 45).

32 Il rischio di abbandonarsi a se stessi si manifesterà dopo la scomparsa del compagno Yves Tanguy nel 1955, inizio della pars destruens di Kay che non troverà più la forza per resistere, come appare nelle sue poesie composte nel medesimo periodo per due anni e nel libro autobiografico China Eggs, fino al suicidio.

33 Coloro che si recavano a Town Farm nel Connecticut, dove si trasferisce insieme a Yves Tanguy agli inizi del 1946 desideravano incontrare lui e non lei, che per alcuni era una cold woman, e per altri solo a wife of an artist, tanto che quando vince un premio in occasione di una mostra agli inizi degli anni Cinquanta le notizie sui giornali locali la definiscono a wifehome. “People who knew Sage socially express a less naive view of the distance she kept, but they call attention to it nonetheless”. Per alcuni era ‘a remote and private person’, per altri ‘generous’, ‘a New England lady’. Singolare la testimonianza di un amico di Yves, Enrico Donati: “Tanguy was the painter. I mean , we were the friends of Tanguy because he was the painter, the master. She was his wife, but we went there to Woodbury to see Tanguy” (Suther 1997; Suther, Manuel, 1997: 128).

34 “Nel 1951 Sage won first prize in oil at the Eastern States Exposition of Connecticut Contemporay Art, a competition that Tanguy also entered. […] In an article on the Eastern States prize the Hartford Times […] a headline announces: “Housewife Wins An Art Exhibition” (Suther 1997; Suther, Manuel, 1997: 132). La prima retrospettiva di rilievo è stata organizzata nel giugno 2011, Double Solitaire: The Surreal Worlds of Kay and Yves Tanguy, a cura di Sephen Robeson Miller e Jonathan Stuhlman presso il Katonah Museum of Art in Katonah, nei pressi di New York dove è conservato l‘archivio dell’artista.

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